PICCOLO È BELLO? IL COMMENTO DI MONS. DERIO OLIVERO, VESCOVO DI PINEROLO
Uncem diffonde il testo di mons. Derio Olivero,
Vescovo di Pinerolo, pubblicato sull’Eco del Chisone
il 15 luglio 2025 dopo il convegno Uncem del 12 luglio
al quale ha partecipato. Una lettura preziosa.
Vescovo di Pinerolo, pubblicato sull’Eco del Chisone
il 15 luglio 2025 dopo il convegno Uncem del 12 luglio
al quale ha partecipato. Una lettura preziosa.
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Oggi, a Pinerolo, si è tenuto un interessante convegno organizzato dall’UNCEM. Ho imparato molto dai relatori. Ne sono grato. Riguardava le aree interne, le zone montane. In genere, quando diciamo “zone montane” pensiamo a luoghi piccoli e periferici e li associamo a luoghi “abbandonati”: manca il prete residente, la scuola, l’ambulatorio, lo sportello bancario, i negozi. Purtroppo è vero. Ma i luoghi “piccoli e periferici”, proprio perché sono meno strutturati rispetto alle grandi città, possono diventare laboratori per costruire una nuova società. Per sperimentare un nuovo stile di società. Proprio per questo, nella mia relazione, sono partito dall’articolo 4 della Costituzione, che recita così: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e scelte, un’attività o funzione che contribuisca al progresso materiale o spirituale della società”. Ognuno di noi ha il “dovere” di contribuire al progresso materiale o spirituale della società. Spesso ce ne scordiamo e pensiamo semplicemente a contribuire al progresso personale. Soprattutto rischiamo di dividere materiale e spirituale: il progresso materiale riguarda il lavoro, l’economia, le aziende, la scienza mentre il progresso spirituale riguarda le religioni. All’ambito laico il materiale, all’ambito religioso lo spirituale. Così il materiale diventa senz’anima e lo spirituale diventa senza corpo. Il mondo si trasforma in macchina e i riti in fumo. Addirittura, in certi casi, i due ambiti sembrano concorrenti o indifferenti. Lo Stato si occupa di far funzionare, senza appassionare; la Chiesa si occupa di far pregare senza donare senso, emozione, motivazione. Abbiamo bisogno di riscoprire che lo “spirituale” riguarda tutti, non solo i credenti. La vita è tutta spirituale. In ogni istante noi umani abbiamo bisogno di motivazioni, sentimenti, passioni, ideali. In ogni istante noi umani abbiamo bisogno di sognare, progettare, ripartire, cambiare, cercare. In ogni istante abbiamo bisogno di migliorare, crescere, scegliere, volere. Per questo è spirituale anche solo il gesto di mangiare un gelato. Non basta mangiarlo, materialmente, meccanicamente. Prima devi desiderarlo, poi scegliere di andare in gelateria, scegliere i gusti, assaporarlo. Magari lo mangi con gli amici e dunque fai altri atti spirituali: incontri, parli, ascolti, fai domande, esprimi affetto, gioisci, senti il loro affetto, riparti rigenerato. Pertanto la cura dello spirituale è un compito decisamente laico, di tutti.
Proprio come diceva Martin Buber: “Ogni uomo deve ritornare a se stesso, deve abbracciare il suo cammino particolare, deve portare a unità il proprio essere, deve cominciare da se stesso”. Le religioni, le Chiese sono ancora capaci di prendersi cura dello spirituale, cioè dell’esistenza nella sua concretezza e nella sua totalità? Oppure sono una “agenzia sociale” o, peggio ancora, un “mondo a parte”, astratto? Le Chiese sanno stare in modo generativo nello spazio pubblico? E lo spazio pubblico sa uscire dalla ideologica concezione “neutrale” di laicità? Forse “nel piccolo” possiamo sperimentare nuove concezioni di religione, laicità, spazio pubblico e politica. Forse nel piccolo possiamo scoprire una laicità che sa “riconoscere” ed includere le differenze, comprese le differenze religiose. E possiamo riscoprire una Chiesa concreta e a servizio dello spazio pubblico. Nella speranza che questo avvenga anche nel grande. Proviamoci! Per lo meno iniziamo a pensarci.
Le Parole per dirlo
Derio Vescovo
15 luglio 2025
L’Eco del Chisone
			
 
			