70 ANNI DI UNCEM. AL PAESE SERVE UNA VERA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI E DEL SISTEMA DEGLI ENTI LOCALI. LO IMPONGONO CAMBIAMENTI CLIMATICI, RIORGANIZZAZIONE SERVIZI E TRANSIZIONE ECOLOGICA
“Che anniversario di fondazione festeggia Uncem a Cuneo lunedi 25 settembre, ricordando i primi Presidente e Segretario generale, Giovanni Sartori e Giovanni Carlo Giraudo?
Non certo un compleanno in una fase semplice per il Paese, che mostra grande attenzione culturale e accademica per le aree montane, con innumerevoli iniziative, studi, ricerche, analisi, dibattiti, confronti, mai abbastanza, ma ben più di dieci anni fa. E che nella contrazione demografica fortissima, nell’affrontare le sfide della tragedia climatica in corso, nella riorganizzazione, auspichiamo riformista, dei servizi pubblici, molto spesso vede Istituzioni centrali e regionali considerare poco le geografie, le differenze, le peculiarità dei territori. E quando queste vengono riconosciute, si rischiano di montare scontri, proprio quelli che non vogliamo, tra aree montane e aree urbane. Noi abbiamo bisogno invece di superare confini, barriere, tracciare accordi, delineare patti e interazioni. Tra territori, evidenziando quello che serve, come cambiano numeri, esigenze, bisogni. Tra chi non c’è più e chi può arrivare, anche con colori di pelle diversi, in tutti quei ‘vuoti’ dei quali tra 30 o 40 anni qualcuno ci chiederà conto.
La montagna italiana non è fatta di Comuni-isole. Tutto è connesso e tutto e in relazione e questo va considerato in una auspicata riforma del sistema degli Enti locali. Intelligente. Non demagogica e fatta per il consenso. Se il Paese decide finalmente quanto essere centralista, federalista, autonomista, può finalmente definire chi fa che cosa, cosa sono i Comuni, come grandi e piccoli lavorano insieme. Chi crede che l’autonomia alpina, guardando alla Carta di Chivasso ad esempio, sia l’equivalente del municipalismo che alcuni predicano, sbagliano di grosso. I Comuni, nella contrazione demografica forte, vincono se lavorano insieme. Vale per Torino, Milano, Bergamo, i capoluoghi del fondovalle e le loro cinture, per i Comuni turistici costieri del ‘G20 delle spiagge’, ovviamente per i Comuni montani che nelle valli hanno capito sin dal 1973 che essere comunità vuol dire essere montagna. Comunità è Montagna e così siamo cresciuti. Fino alle stupida demagogia di chi ha voluto cancellare le comunità montane, al posto di riformarle e di renderle moderne, vive, determinate come ancora in alcune Regioni italiane. Insistere nella logica comunitaria vale anche per i Comuni. Non solo per energia, sostenibilità, imprese, terreni, vero che le più grandi innovazioni di questi nostri 70 anni, negli ultimi dieci, sono state appunto Strategia delle Green Communities, Comunità energetiche, Associazioni fondiarie, Cooperative di Comunità. Insieme, prima di tutto. Dinamiche comunitarie Si vince uniti, mai da soli. Questo per molti Comuni è ancora un tabù, in molti casi, in nome, come per il PNRR, di logiche solitarie e di bandi che dicono che tutti possono fare tutto da soli, competere, partecipare a distruttivi bandi-lotteria, appaltare, costruire.
Uncem crede nell’unità e nelle sinergie. Europee, con Francia, Spagna, Germania, Austria, Svizzera, Slovenia, in primis. Le aree montane hanno tutte gli stessi problemi e Ventotene, il Manifesto di Spinelli ci insegna che federare costruisce risposte comuni alle necessità, mette insieme idee e processi di unità sostanziale. Sinergie italiane anche per riorganizzare i servizi, scuola, trasporti, sanità, svegliando qui la Strategia per le Aree interne, felice intuizione – che si poteva chiamare per le aree montane, già allora, evitando di dire cosa è interno e cosa è esterno, sempre relativo – che oggi giace nelle paludi, con un miliardo da investire subito, per colpa di burocrazie e per effetto di uffici di istituzioni senza futuro che tutto complicano al posto di risolvere. Noi ripartiamo credendoci, oltre ogni limite, da queste Strategie, Green Communities e Aree interne insieme, congiunte. E da una visione delle montagne che metta una pietra sull’appello urbano alla wilderness, dove tutto è protetto e tutelato tranne l’uomo, i suoi diritti, le sue imprese, i negozi e i bar dei paesi, sui borghi bellissimi e intatti messi sotto campane di vetro museali, e pure sulla visione di parco giochi per Alpi e Appennino che tanto piace a quelli del sabato e della domenica che vengono – e ne siamo felici – per sfidare la forza di gravità con il motore in salita e con la velocità in discesa.
Nuove visioni di montagna ci sono e sono intelligenti, smart, sostenibili, aperte. Devono esserlo. In chiave europea. Ora però servono le Istituzioni, noi, i nostri Enti, i nostri Sindaci. Riforme vere dell’organizzazione. Più istituzioni pubbliche, democrazia, analisi. Meno privato che schiaccia il pubblico, riducendolo i Comuni insieme a mero ‘associazionismo’ con amicizie di colore politico. Meno contrapposizioni – molto spesso finora mosse da tanti partiti e movimenti politici senza idee, buoni ad arrivare in montagna nelle campagne elettorali – e più coesione, impegno sulle geografie, sulla valorizzazione dei servizi ecosistemici che usiamo – il Ministero dell’Ambiente riprenda quella delega della legge 221/2015 – più attuazione delle leggi sui Comuni che piccoli e grandi sono vincenti insieme, scambiando e rafforzando i flussi tra loro. Più idee e più visioni, non solo concretezza, appalti, investimenti, soldi da chiedere, bandi senza via, quando dobbiamo, vogliamo stare in un futuro con intelligenza superando divari digitali che sono drammatici e mossi da troppa ignoranza di chi non vuole investire sui territori.
Crediamo nella Politica, nel suo primato. Siamo uniti e coesi contro ogni divisione, che fanno invece piacere a molti. Siamo contro regole organizzative per gli Enti che agevolano outsourcing di servizi a caro prezzo per i Comuni, a beneficio di rendite di servizio e posizione per il privato che asfalta volentieri il pubblico giocando sulle debolezze dei Comuni soli. C’è molto di questo, negativo e da cambiare, ma c’è molta fiducia, speranza, impegno nei Sindaci e tra i Comuni, volontà di coinvolgere i giovani. Serve un ‘Sinodo dei territori e degli Enti locali’, come camminiamo insieme e cosa siamo. Le nuove norme – legge sul fisco, legge sulla montagna, riscrittura del TUEL, legge sull’autonomia rafforzata delle Regioni – nascano da qui. Dal pensiero alto e dal dialogo. Non maquillage del momento, riformette occasionali, accordi del caso tra maggioranze e minoranze. Se sono da soli, campanilisti, vanno poco lontano, i Comuni, andiamo poco lontano noi, finisce Uncem, unica associazione pubblica di Enti locali. Comuni e Sindaci confidano in Governo, Parlamento, Regioni affinché geografie e Istituzioni pubbliche siano riconosciute e riconoscibili.
Ne parleremo lunedi mattina a Cuneo”.
Così Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem, Unione nazionale Comuni, Comunità, Enti montani.