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“Le aree protette, che comprendono il 36% dei Comuni montani italiani, sono luogo ideale del Paese per attuare la Strategia delle Green Communities e per la valorizzazione dei servizi ecosistemici-ambientali. Unendo così protezione di fauna, foreste, pascoli, specie vegetali e animali, alla valorizzazione economica e sociale dei territori, riducendo conflitti con le popolazioni per effetto di regole e norme legate appunto alla presenza di un parco”. Uomo e natura insieme, più unite e forti. Conservazione e opportunità di sviluppo non sono e non siano messe in contrapposizione.

Lo ha detto il Presidente nazionale Uncem, Marco Bussone, oggi in Audizione della ottava Commissione del Senato della Repubblica, che sta lavorando alla riforma della legge sui Parchi vigente, la 394 del 1991.

I Parchi in Italia non sono spazi chiusi, luoghi accessibili sono per turismo o attività outdoor, ai quali si accede – come in altre parti del mondo – previo il pagamento di un biglietto, superando una sbarra. I Parchi in Italia sono spazi naturali, ma anche paesi e villaggi, borgate, pezzi di territorio urbanizzati, distretti economici, strade e luoghi vivi. Dove l’uomo è in relazione stretta con la natura. Sono luoghi della relazione, di flussi ecologici, economici, commerciali, di persone e cose all’interno e verso l’esterno.  I Parchi in Italia sono pezzi portanti di economia e luogo di protezione dell’ambiente allo stesso tempo.

“Occorre armonizzare la normativa tra Stato e Regioni – ha proseguito Bussone in Audizione – visto che oggi molti Enti parco regionali fanno istanza al Ministero per diventare ‘nazionali’. La protezione e la valorizzazione non possono essere diversi, con sperequazioni istituzionali che poi diventano socio-ambientali. Ecco perché vanno uniformati investimenti, stanziamenti, personale, organizzazione, opportunità, tra Parchi nazionali e regionali. È un tema molto rilevante”.

“Sperimentare il pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali vale per acqua, con la tenuta delle fonti idriche e la protezione dal dissesto che i Parchi assicurano. E anche sulla pianificazione e gestione forestale. Come ha fatto il Parco dell’Appennino tosco-emiliano con i ‘crediti di sostenibilità’ venduti a grandi e piccole imprese dell’area fuori dal parco, creando flussi e relazioni importanti. Nei Parchi, se vi è pianificazione e certificazione delle foreste, e ci deve essere, si può, si deve fare gestione attiva e selvicoltura a vantaggio della filiera bosco-legno nazionale. Anche installare impianti per la telefonia mobile e per abbattere il divario digitale nelle aree protette deve essere consentito, secondo quanto previsto nei Piani dei parchi, che devono essere più snelli e approvati rapidamente da Ministero dell’Ambiente e regioni”.

Uncem ha anche proposto che, nel quadro della valorizzazione dei servizi ecosistemici-ambientali, i titolari di concessioni per impianti idroelettrici, da fonti di biomasse, o anche gasdotti e oleodotti, metanodotti, pale eoliche, i titolari di impianti di imbottigliamento di acque minerali, i titolari di concessioni per pontile per ormeggio di imbarcazioni, per punto di ormeggio e per posto barca in aree marine protette, paghino a titolo di contributo alle spese per il recupero ambientale e della naturalità, delle quote economiche agli Enti gestori dei Parchi. Favorendo anche lo sviluppo economico e sociale delle collettività residenti all’interno del parco e nei territori adiacenti.