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“Dire che su ambiente, paesaggio, territori ci sono troppa burocrazia e troppi vincoli è fin troppo semplice. Ma di una cosa siamo certi. Per il taglio dei boschi vi sono dei vincoli sbagliati. Molti pezzi dei 12 milioni di ettari di foresta del Paese forestale Italia, sono vincolati a fini di tutela ambientale, spesso a scopi idrogeologici nonché a fini paesaggistici ai sensi Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 42 del 2004, articolo 142 lettera G. In sostanza in un contesto storicamente abitato come l’Italia, la selvicoltura è ciò che da sempre gestisce la parte boscata, contribuendo alla bellezza del paesaggio italiano. I boschi si sviluppano, crescono, vengono utilizzati, poi ricrescono, da tempo immemore, e il paesaggio muta con essi. Lo dice l’Uncem e lo dice il Consiglio nazionale degli Agronomi e Forestali, con la Rete delle Professioni. Moltissimi boschi, circa il 35% del totale, oltre al vincolo ex art.142 lettera G, hanno quello della dichiarazione di notevole interesse, in quanto ricadenti nelle aree ex articolo 136 del codice. Il vincolo, che piace molto a Soprintendenze dunque al Ministero della Cultura, tende a mantenere inalterata la situazione esistente, ma non tiene ovviamente conto del grano che cresce e matura e durante l’anno cambia di colore, come non può tenere conto del fatto che molti di questi territori siano stati abbandonati e su prati tutelati siano serenamente cresciuti boschi. In alcuni posti tutela pianta meravigliose, che però sono morte da decine di anni. In altri luoghi, sono tutelati rimboschimenti di specie che ora sono considerate esotiche. Le aree con questo tipo di vincolo, sono meritorie, ma non tengono conto del fattore tempo cronologico; infatti i boschi nascono, crescono e invecchiano a prescindere dall’uomo che, attraverso le normali tecniche della selvicoltura, li gestisce. L’articolo 142 va modificato. E vi è l’occasione urgente nella conversione del decreto del Made in Italy. Se quei doppi vincoli restano, blocchiamo tutta la selvicoltura. E migliaia di imprese forestali che lavorano nei paesi montani con superfici vincolate“.

Lo ha detto oggi Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem, intervenendo al Seminario estivo della Fondazione Symbola a Mantova, nel quadro di un evento sui boschi a prova di futuro.

Uncem ha già ribadito al Ministro Urso e al Ministro Lollobrigida che il Codice forestale nazionale (con la relativa Strategia) è il punto di riferimento per tutti. E l’articolo al quale fare riferimento, modificando il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, afferma che “per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste come definiti dagli articoli 3 e 4 del decreto legislativo n. 34 del 2018, purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia”. I vincoli stanno schiacciando anche le migliori filiere. I Sindaci sono in crisi perché le imprese hanno bisogno di assurde autorizzazioni per entrare in bosco, che Commissioni del Paesaggio e Soprintendenze devono rilasciare, quando comunque in queste Commissioni non vi è un solo Dottore forestale che sappia esaminare la richiesta e fare una valutazione di merito. Nel DL Made in Italy c’è un articolo sulle filiere legno per l’arredamento (che andrebbero però completate con tutte le altre filiere, a Federlegno Arredo piacendo). Non si perda l’occasione per rendere vero, fattivo, concreto ed efficace quell’articolo. Che altrimenti sarà parziale, a vantaggio “solo” di un pezzetto di filiera forestale. Bloccando chi entra in bosco, con saggezza storica, a fronte di una pianificazione decisiva