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La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

Seguito della discussione delle mozioni Enrico Borghi, Federico, Marco Di Maio, Fornaro, Plangger ed altri n. 1-00312, Parolo ed altri n. 1-00316, Lollobrigida ed altri n. 1-00317 e Vietina ed altri n. 1-00318 concernenti iniziative per la salvaguardia, la valorizzazione e lo sviluppo delle aree interne, rurali e montane.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Enrico Borghi, Federico, Marco Di Maio, Fornaro, Plangger ed altri n. 1-00312 (Nuova formulazione), Parolo ed altri n. 1-00316, Lollobrigida ed altri n. 1-00317 e Vietina ed altri n. 1-00318, concernenti iniziative per la salvaguardia, la valorizzazione e lo sviluppo delle aree interne, rurali e montane (Vedi l’allegato A).

Ricordo che nella seduta di lunedì 27 gennaio 2020 si è svolta la discussione sulle linee generali ed è intervenuto il rappresentante del Governo.

Colleghi, vi chiedo di abbassare il tono della voce… colleghi…

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all’ordine del giorno.

FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Presidente, sulla mozione Enrico Borghi, Federico, Marco Di Maio, Fornaro, Plangger ed altri n. 1-00312 (Nuova formulazione), il parere è favorevole. Sulla mozione Parolo ed altri n. 1-00316 il parere è favorevole se al punto i) si potesse aggiungere, solo per il punto i): “valutare la possibilità di”. Il punto i) è quello che inizia con: “rivedere i parametri quantitativi minimi (…)”. Quindi, chiediamo di inserire: “valutare la possibilità di”.

Sulla mozione Vietina di Forza Italia…

PRESIDENTE. C’è prima la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00317, nell’ordine.

FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Allora, sulla mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00317, di Fratelli d’Italia, il parere è favorevole se si cancella il punto 22) e se si modifica il punto 2), dove c’è il passaggio sulla federazione di comuni – istituto che non esiste nel nostro ordinamento – e si rafforza il concetto di associazioni tra comuni. C’è il termine “federazioni” che andrebbe cancellato. Quindi, sarebbe: “ad adottare iniziative per riconoscere il ruolo dei piccoli comuni, dando loro la possibilità di associarsi, riconoscendone le peculiarità, anche attraverso confronti con le istituzioni locali”.

Infine, sulla mozione Vietina ed altri n. 1-00318, il parere è favorevole se cancelliamo la lettera d), cioè da: “definire misure compensative” ad: “aree montane”.

C’è un’ultima modifica sulla mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00317, per cui chiediamo che venga riformulato il punto 17), cancellando le parole da “adottando” a “comuni” (quindi la riformulazione termina a “unioni montane”) e cancellando il punto 22), mentre al punto 2) cancellando le parole “federazioni di comuni”.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Renzo Tondo. Ne ha facoltà.

RENZO TONDO (M-NI-USEI-C!-AC). Gentile Presidente, è apprezzabile lo sforzo del Ministro di dare una risposta coerente e di accogliere in qualche modo tutte le mozioni che sono state presentate e alle quale noi daremo, come gruppo di Noi con l’Italia-USEI, un voto favorevole. Spero anche che le richieste di modifica o di integrazione che sono state svolte possano essere accolte dai presentatori delle varie mozioni. Nel dibattito generale, ieri, sono stati evidenziati i temi della montagna e questo è assolutamente importante; sono temi che non riguardano solo i cittadini che vivono in montagna, ma riguardano tutti (ricordavo, ieri, l’esempio che quando un fiume straripa a monte, chi poi ne risente è la vallata e non la montagna stessa) e che riguardano il 55 per cento del territorio nazionale. Ho avuto modo anche, signor Ministro, di sottolineare, ieri, come queste mozioni abbiano un effetto, possono avere un effetto, se poi vengono tradotte in fatti concreti. Abbiamo sufficiente esperienza delle Aule parlamentari e dei dibattiti nei vari consigli regionali per capire che le mozioni sono, appunto, mozioni di buoni intendimenti, spesso votate all’unanimità come auspico in questo caso, che però poi non vengono tradotte subito in fatti concreti. Ricordavo ieri come bisognerebbe sostanzialmente muoversi attraverso due leve per poter raggiungere i risultati che vogliamo: la leva fiscale e la leva di carattere burocratico. Sottolineavamo come i problemi di chi vive in montagna devono essere toccati ancora tutti: provate a immaginarvi cosa significa il fatto che vostro figlio si alzi due ore prima degli altri per raggiungere l’istituto che frequenta, la scuola; cosa significa avere un ospedale a due ore di auto di distanza; cosa significa non trovare sul proprio territorio una pompa di benzina; cosa significa non trovare nel proprio paesino un negozio di alimentari in cui rifornirsi del pane e del latte; cosa significa dover frequentare strade innevate e spesso ghiacciate, non mantenute d’inverno; cosa significa tutto questo, cosa significa non avere la banda larga e non potersi collegare ad Internet o cosa significa che il tuo cellulare non prenda perché il cielo è troppo coperto. Ecco, noi queste cose dobbiamo cercare di evitarle e per evitarle dobbiamo fare in modo che lo spopolamento in montagna venga superato, che la gente abbia non solo il piacere, ma anche l’opportunità di tornare a vivere in montagna.

Ieri abbiamo evidenziato due problemi concreti, perché abbiamo voluto porre all’attenzione dell’Aula non solo un ragionamento di carattere complessivo, ma anche delle cose che forse possono essere considerate minori, ma che invece, a mio avviso, possono essere importanti.

Ne cito alcune: la proprietà fondiaria e immobiliare, lo spezzettamento della proprietà è un tema che riguarda tutta la montagna. Molto spesso sono pezzi di territorio che sono abbandonati, in cui il proprietario non ha nessun interesse e che probabilmente potrebbero anche donare all’ente pubblico, se dovessero evitare di dover fare le tasse di registro, l’IMU, gli atti notarili, eccetera. Immaginiamo di poter creare le condizioni per cui l’ente pubblico può commassare queste proprietà abbandonate e restituirle o darle ai gestori con la possibilità di intrattenere attività economiche.

Immaginiamo le seconde case in montagna, immaginiamo un cittadino che si ritrova in eredità una seconda casa, spesso grande, in montagna, che deve pagare l’IMU, che non la usa e deve pagare anche la tassa sulla seconda casa. Forse, se noi pensiamo di esentare dall’IMU queste abitazioni, riusciamo ad avere la possibilità di un intervento – finisco, Presidente – edilizio che consentirebbe anche di mettere in moto l’edilizia. Immaginiamo, infine, di riprendere ciò che accadeva nel 1994 con la legge n. 97…

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

RENZO TONDO (M-NI-USEI-C!-AC). …di un senatore che veniva dalla Carnia – trenta secondi -, Diego Carpenedo, che ha proposto un regime forfettario: chi apre un’azienda in montagna paga le tasse in maniera forfettaria, una tantum, perché altrimenti non ce la fa. Se questi atti concreti verranno accolti, il voto favorevole non sarà un voto inutile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signora Presidente. Credo che sia stato giusto dedicare qualche ora del lavoro parlamentare al tema delle aree interne delle aree rurali e di quelle montane. Sono territori che da tempo lanciano un grido di allarme, esprimono un disagio profondo nei rapporti con lo Stato centrale, nei rapporti spesso con anche le stesse regioni; sono territori importanti, fondamentali, oltre il 60 per cento dell’intera Italia è situata in queste aree. Ma sono, e vorrei sottolinearlo, un fondamentale presidio sia del territorio, un territorio fragile, ferito, come testimoniano anche le vicende più recenti delle alluvioni di questo autunno, ma, al tempo stesso, anche un importante presidio di democrazia, di storia del nostro Paese. L’Italia è un Paese dei comuni, è riconosciuto come un grande e bel territorio, una grande e bella nazione, anche perché è fondata su una presenza così diffusa di quasi 8 mila comuni, la maggior parte dei quali piccoli; e, tra questi piccoli, la maggior parte è insediata tra Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria.

Sono, come dicevo, un presidio fondamentale del territorio, una difesa importante di un territorio che, come dicevamo prima, è ferito, C’è un tema di assetto idrogeologico, c’è, ovviamente, il tema che lo spopolamento che è in atto, che è testimoniato dalle statistiche, è un rischio altissimo che corriamo, è un pericolo che va scongiurato, sapendo che lo spopolamento si porta dietro anche un fenomeno che, ovviamente, non si può che valutare positivamente, che è quello dell’invecchiamento della popolazione, a cui, però, non fa riscontro quel ricambio generazionale che sarebbe importante e fondamentale per far rimanere vivi questi territori.

Quindi c’è, io credo, la necessità, come è stata ribadita anche nell’intervento in discussione sulle linee generali, per quel che riguarda il nostro gruppo, della collega Muroni, di ampliare la strategia di intervento sulle aree interne. La sperimentazione va bene, sono stati interessati una quota importante di comuni, ma bisogna provare a fare un salto di qualità; in qualche modo, la mozione di maggioranza prova a indicare questo percorso al Governo e all’intero Parlamento. C’è un tema fondamentale di infrastrutture, di infrastrutturazioni materiali, ma anche, io credo, l’idea che bisogna combattere quella che, purtroppo, è una realtà.

I territori rurali e i territori montani vedono cittadini che si considerano, sono percepiti e si percepiscono come cittadini di serie B rispetto ai loro omologhi che vivono nelle città. Il livello e la qualità dei servizi, dalla sanità ai trasporti, fino alle infrastrutture digitali, dice sostanzialmente questo: progressivamente si è andata tagliando la qualità e la quantità di questi servizi, e questo in qualche modo si sposa in negativo proprio con lo spopolamento. Bisogna, quindi, da questo punto, invertire con più forza e coraggio questa tendenza; bisogna invertire, per esempio, nel settore dei trasporti, perché troppo spesso gli investimenti e le attenzioni di chi gestisce questo servizio vanno ai servizi di alta velocità, vanno verso il mercato, dimenticandosi troppo spesso dei treni regionali, di quelli dei pendolari.

Abbiamo vissuto nei territori per esempio del Nord, proprio nelle situazioni delle alluvioni, situazioni assolutamente inaccettabili di ritardi, disservizi; esattamente il contrario di quello che ci sarebbe voluto. E anche nella sanità uno sforzo per comprendere, per dare un ruolo anche ai piccoli ospedali, che devono, ovviamente, fare rete; l’eccellenza non può che essere ovviamente che nei grandi ospedali, ma il ruolo della medicina territoriale, per esempio, è assolutamente importante.

Un discorso a parte merita, e c’è anche nella mozione, un tema che sta diventando veramente sempre più insostenibile, cioè quello della banda larga: un quarto dei cittadini italiani vive sostanzialmente un digital divide che rischia di compromettere la capacità e la competitività delle imprese che operano su questi territori e accentua questa sensazione di frustrazione da parte dei cittadini. E non dico soltanto banda larga, ci sono ampi territori montani e collinari di una regione importante come il Piemonte che faticano a ricevere, ad esempio, anche soltanto il segnale della RAI e possono vedere soltanto alcuni dei programmi del bouquet della RAI, e non altri.

Su questo ci sono le risorse che sono state investite, ci sono risorse che si possono investire, ma c’è una lentezza di fondo, c’è un sostanziale disinteresse del mercato a raggiungere, ovviamente, piccoli comuni e piccoli paesi, perché non è redditizio; da questo punto di vista, la mano pubblica deve intervenire con maggiore velocità, sostenere la necessità di avere la diffusione della banda larga nei modi e nelle forme che si possono adattare al territorio, però in tempi più rapidi. Lo dico con una battuta: se l’atteggiamento della politica, l’atteggiamento dell’amministrazione centrale sulla banda larga fosse stato quello degli anni Sessanta, oggi noi avremmo probabilmente dappertutto la banda larga; e invece si è avuto un atteggiamento esattamente opposto e, se la politica, le società pubbliche non avessero ragionato come negli anni Sessanta, il risultato sarebbe che oggi noi avremmo ancora ampie fasce del nostro territorio senza energia elettrica, perché, ovviamente, allo stesso modo non c’era mercato per quei territori. Dobbiamo, invece, usare la stessa logica di allora, considerare questa un’infrastruttura assolutamente fondamentale.

Questi territori sono anche – lo ricordo perché su questo c’è e sta iniziando una bella letteratura – luoghi di innovazione, i comuni sono e possono essere sempre più motori di sviluppo, di uno sviluppo locale che guarda, ovviamente, alla dimensione locale, ma è capace di guardare anche alla dimensione globale. Insomma, credo che da questo punto di vista lo sforzo che compiamo nell’approvare queste mozioni, nella discussione, sia uno sforzo importante perché dobbiamo – mi rivolgo al Governo, avendo apprezzato l’intervento di ieri del Ministro Provenzano e cogliendo l’occasione della presenza del Ministro Boccia – provare ad orientare anche i finanziamenti comunitari. La nuova PAC, per esempio, dovrà cercare di provare a dare delle risposte, di valorizzare l’agricoltura dei territori marginali; da questo punto di vista, non è essere contro la grande agricoltura, ma riconoscere la peculiarità.

Noi abbiamo presentato un disegno di legge sull’agricoltura contadina per riconoscere questa peculiarità.

È la peculiarità di chi vive un’agricoltura spesso di sussistenza, di sopravvivenza, ma che è anche uno degli ultimi presidi nei territori più marginali ed è giusto riconoscere questa specificità e anche cercare di valorizzarla, così come l’orientamento sui fondi di coesione territoriale. In altri termini il Green Deal su cui il Governo giustamente punta e dovrà puntare nei prossimi anni deve vedere in questo mondo, nelle aree rurali e montane, uno dei suoi asset fondamentali. Qui si può fare innovazione, si può fare sviluppo, si può cercare di lottare contro lo spopolamento.

E, infine, la ragione fondamentale che ci porta a votare a favore sulla mozione dopo averla sottoscritta è che è l’obiettivo a cui dobbiamo tendere, un obiettivo di ricomposizione, di ricucitura di un tessuto che è stato negli anni molto slabbrato ed è, quindi, la lotta alle disuguaglianze territoriali. L’Italia ripartirà anche e soprattutto se questa lotta alle disuguaglianze territoriali uscirà non soltanto dai testi dei convegni, ma diventerà azione quotidiana del Governo e del Parlamento e se verranno indirizzate lì risorse importanti per dare risposte a domande non di assistenzialismo, ma di giustizia e di giustizia territoriale. Per queste ragioni voteremo a favore delle mozioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. Sarebbe un errore pensare che questa mozione sia un atto di secondo piano rispetto ad altri temi che vengono discussi in questa sede. L’obiettivo che ci siamo posti con il testo che, come forze di maggioranza, abbiamo presentato e sottoposto alla discussione dell’Aula non è solo quello di fornire un indirizzo politico al Governo – certamente le mozioni hanno principalmente questo obiettivo – ma è anche quello di portare in questa sede, nella sede parlamentare, una discussione che possa accendere i riflettori su una vasta parte del territorio della popolazione italiana che troppo spesso non trova il giusto riconoscimento, anche a livello mediatico e non solo politico-istituzionale, nelle sedi opportune. Parliamo di aree del Paese che forse, appunto, non guadagnano normalmente le prime pagine dei giornali, ma che sono di cruciale importanza per l’Italia e ne definiscono, peraltro, uno dei suoi tratti identitari e principali. Le aree interne, secondo la classificazione adottata dall’Accordo di partenariato, interessano 4.216 comuni, circa il 52 per cento del totale, il 22 per cento della popolazione vi vive e rappresentano peraltro il 60 per cento del territorio nazionale. Le zone montane sono il 55 per cento del territorio italiano e il 65 per cento – pensate – addirittura di quello dell’Unione europea, per cui questi numeri dimostrano da soli quanta rilevanza ci sia in questa discussione, ma servono anche per ricordare che ci sono grandi difficoltà e ostacoli che queste zone devono superare. Ad esempio, la stragrande parte della popolazione che vive nelle zone rurali, montane e interne del Paese non ha un accesso a Internet ad alta velocità e ci sono peraltro spesso gravi problematiche anche connesse all’utilizzo dei servizi televisivi e radiofonici. Ci sono ostacoli da superare in primis legati – è stato già detto e la nostra mozione lo evidenzia in maniera molto chiara – allo spopolamento: moltissimi giovani continuano ad abbandonare queste zone, che vengono per lo più abitate da anziani, e ovviamente questo, a tendere, non è un fatto positivo. Quindi, occorre garantire a queste zone, a queste aree interne, maggiori opportunità e soprattutto incentivare la residenzialità.

Del resto, non si può neppure dimenticare che le aree montane e le aree, più in generale, rurali del nostro Paese generano risorse che sono di vitale importanza per tutta l’Italia e per molti settori economici e dell’industria. Pensiamo, solo per fare alcuni esempi, alle produzioni alimentari, all’utilizzo dei suoli, al turismo, alle risorse naturali, alla mobilità, alle possibilità connesse allo sfruttamento positivo e corretto delle risorse naturali. Credo che sia importante – e lo dico, ovviamente, a nome del gruppo di Italia Viva, che ha sottoscritto questa mozione e che la voterà ovviamente convintamente – che si mettano le persone che vivono in queste aree del Paese nelle condizioni di poterlo fare con maggiori prospettive e maggiori opportunità, a partire, ad esempio, dalle imprese, per le quali servono interventi di sostegno, senza dimenticare poi i giovani, i lavoratori, coloro che si devono spostare da zone interne, da aree interne del Paese, verso centri urbani per ragioni di lavoro, che devono sostenere costi di mobilità e un’organizzazione di vita sicuramente meno comoda rispetto a chi vive in pianura. Da questo punto di vista, ad esempio, può essere emblematico l’esempio della regione Emilia-Romagna che ha deciso di abbattere l’IRAP per aziende, commercianti, artigiani, professionisti e lavoratori autonomi delle aree montane, per sostenere chi fa impresa ed esercita un’attività nell’Appennino emiliano-romagnolo, circa 12 mila soggetti imprenditoriali coinvolti e oltre cento comuni interessati. In quel caso chiaramente la regione anticipa risorse che – non potendo intervenire direttamente sull’IRAP – le imprese vanno a spendere. Ecco, un intervento che si potrebbe pensare in futuro nell’affrontare una riforma di carattere fiscale può essere proprio quello di mettere in campo un intervento nazionale che vada ad alleggerire il carico fiscale sulle imprese che operano in quelle zone del Paese.

Penso che sia assolutamente rilevante affrontare anche altre priorità che vivono i cittadini e le imprese delle aree interne. Pensiamo, ad esempio, ai servizi socio-sanitari. Nel Patto per la salute ci sono alcuni elementi che possono rappresentare un passo in avanti per dare una maggiore risposta ai cittadini delle aree interne che, però, hanno bisogno di avere garantiti, per poterci risiedere e per poter tenere vive quelle zone, i servizi di maggiore prossimità territoriale, più vicini a casa e più vicini al luogo di lavoro e, quindi, investire su una sanità che abbia una maggiore attenzione al territorio e anche pensare che un medico che opera in uno studio di un grande centro urbano, un medico di base che lavora in un grande centro urbano, non può avere la stessa retribuzione di un medico che vive, opera e visita in una zona di montagna. Quindi, è opportuno prevedere, anche da questo punto di vista, dei correttivi.

Chiediamo, con questa mozione, che si attui in maniera rapida quello che era previsto dalla legge sui piccoli comuni che abbiamo approvato in questo Parlamento nella scorsa legislatura, la prima legge del nostro ordinamento che dà dignità, che dà una cornice ben definita e che prevede interventi specifici per queste zone. È una legge, però, che ha bisogno di decreti attuativi, è una legge che ha bisogno di risorse ed è una legge che può dare risposte concrete ai piccoli comuni, alle zone rurali e alle zone montane del nostro Paese.

Vogliamo anche che venga approntato un grande piano di contrasto al dissesto idrogeologico, perché la manutenzione del territorio è un’emergenza in molte parti delle aree interne e in molte parti delle zone montane. Servono investimenti pubblici, servono investimenti che non siano legati semplicemente alla gestione dell’emergenza. Occorre, quindi, mettere in campo una programmazione e l’individuazione di un piano di interventi contro il dissesto idrogeologico che possa dare risposte di prospettiva a queste aree del Paese.

Serve, poi, l’investimento sulle infrastrutture. Noi stiamo lavorando – lo proporremo nelle prossime settimane – a un piano – lo abbiamo definito piano shock – proprio per mettere in campo e sbloccare quelle infrastrutture che sono bloccate più spesso dalla burocrazia che dalla mancanza di risorse. Occorre, da questo punto di vista, dare una particolare attenzione ai piccoli comuni, che spesso hanno difficoltà anche appunto legate ai servizi di mobilità essenziale, ad arterie stradali non mantenute, alla difficoltà in cui sono entrate le province italiane che avevano in carico la manutenzione di molta parte di queste strade e che, quindi, hanno bisogno di essere messe nelle condizioni di garantire la manutenzione. Non stiamo parlando tanto di nuove strade e nuovi collegamenti ma, in primo luogo, di rendere efficienti e fruibili quelli che ci sono.

Infine, occorre tutelare le unicità dei nostri borghi, dei nostri piccoli comuni. Abbiamo detto all’inizio di questo intervento che i piccoli comuni italiani sono un’unicità e un tratto identitario del nostro Paese. Sono anche un elemento di grande attrazione dal punto di vista turistico e crediamo che si possa avere in queste realtà un potenziale di crescita molto elevato. Da soli, però, non possono riuscire a promuoversi in maniera corretta e anche qui serve un piano, una strategia nazionale che possa portare in queste aree del Paese una maggiore visibilità e possa portare turisti. Portare turisti in queste zone significa generare opportunità di lavoro, significa far vivere soprattutto ai turisti internazionali un’esperienza che si può vivere solo nel nostro Paese che ancora, pure con tutti i suoi limiti e pure con tutte le sue difficoltà, ha nell’unicità dei propri borghi, in quel sapore autentico che si vive in quelle realtà, un qualche cosa che non è apprezzabile in nessun’altra parte del mondo. Anche questo rappresenta un grande patrimonio dell’Italia e con questa mozione ci auguriamo che il Governo, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, possa adottare iniziative utili a dare manforte a questa parte del Paese che ne ha più che mai bisogno. Quindi, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Italia Viva (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Monica Ciaburro. Ne ha facoltà.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie Presidente e onorevoli colleghi, come abbiamo potuto constatare durante la discussione su queste mozioni, il tema della montanità, delle aree interne e delle aree rurali sembra essere quanto più condiviso e sentito da gran parte delle forze politiche dell’emiciclo. Riteniamo quindi che questi atti, che impegnano il Governo ad assumersi delle responsabilità nei confronti di queste aree, siano delle vere e proprie prese d’atto, anzi, dovremmo dire che dovrebbe trattarsi piuttosto di vere e proprie prese di coscienza nei confronti di un disagio socioeconomico chiaro, evidente e sotto gli occhi di tutti di un territorio molto importante della nostra nazione, che ha fatto la storia della nostra nazione e che in questo momento, ma da troppo tempo, manifesta grida d’allarme ma non solo, quella fragilità e disattenzioni che si sono perpetrate negli anni. Come infatti abbiamo evidenziato ieri, assieme agli altri colleghi, nelle discussioni generali, le aree interne, rurali e montane stanno vedendo una lenta ma progressiva riduzione della loro popolazione. Questi piccoli comuni, che per tipicità dei loro prodotti, per una biodiversità, per la società e la loro economia costituiscono una fonte inestimabile di ricchezza per la nostra nazione, si trovano ora in enorme difficoltà, di cui tutti stiamo prendendo coscienza. Certo non è la prima volta che avviene e non è la prima volta che ci troviamo in quest’Aula a denunciare il forte disagio in cui vivono gli abitanti dei piccoli comuni e nello specifico di queste comunità rurali e montane e non è neanche la prima volta in cui tutto il Parlamento, in modo quasi unanime, ha preso coscienza di queste difficoltà, affrontandole anche con delle leggi; ed allora sorprende che, tra le voci a favore delle istanze che abbiamo comunemente difeso in queste mozioni, figuri anche chi, più di tutti, ha sostenuto lo strumento delle fusioni e delle unioni dei comuni. Sorprende perché vorremmo sommessamente far notare che dichiararsi a favore del riconoscimento delle tipicità dei comuni montani e poi promuoverne la fusione significa favorire la prevalenza del centro sulla periferia, della globalizzazione e non della differenza di questi piccoli territori e la scomparsa di un importante pezzo della nostra storia.

PRESIDENTE. Mi scusi collega: colleghi! Colleghi! Prego.

MONICA CIABURRO (FDI). Insomma, ci sorprende, perché finora l’atteggiamento tenuto nei confronti di queste comunità è stato di prevalenza del centro sulla periferia. Si è preteso, per tutto questo tempo, di imporre ai piccoli comuni, spesso isolati o comunque distanti dai grandi centri, gli stessi adempimenti di tutte le altre aree urbane, senza porre i cittadini stessi nelle condizioni di poterle eseguire, sia per quello che riguarda le amministrazioni, i comuni, sia per quello che riguarda chi quella montagna, quelle aree rurali li vuole vivere. Penso a ultimi adempimenti: la fatturazione elettronica, lo scontrino fiscale telematico, obbligo imposto unilateralmente, lineare, a tutti i cittadini d’Italia, ma senza aver permesso tutti i cittadini d’Italia di correre con la stessa velocità e alle stesse condizioni, anche quelli che risiedono in questi territori, che sono a centinaia di chilometri di distanza da servizi o dal poter utilizzare quelli che sono i servizi dell’Internet, del segnale Rai, del telefonino, della telefonia mobile e anche fissa; ancora quest’anno ci sono stati tanti territori che si sono trovati isolati da luce, telefono fisso, mobile, Internet: immaginatevi un’emergenza sanitaria come può avvenire in questi posti. E purtroppo questo approccio ha caratterizzato anche tutte le altre politiche riguardanti queste aree, che infatti, come detto in premessa, si stanno spopolando a ritmi spaventosi, poiché si stanno trovando private della possibilità di godere di quei servizi basilari, scontati per tanti, ma non per loro, anche solo di poter condurre una vita normale come gli altri. Siamo però soddisfatti di vedere che, in sede di discussione e di votazione di queste mozioni, è stata raggiunta una comunione di intenti di sorta. Tuttavia, proprio per questo ci auguriamo che da questa presa di coscienza collettiva seguano finalmente dei fatti concreti. Ci aspettiamo quindi degli interventi organici e complessivi, che diano una vera risposta ai disagi ed alle difficoltà delle aree interne, rurali e montane e di quelle comunità. Ci aspettiamo che sia premura degli esponenti della maggioranza assicurarsi che questi buoni propositi diventino risposte per dei territori che vivono in uno stato di costante disagio ed incertezza, delle risposte che dovranno essere però rispettose dei cittadini e dei territori, che siano basate su fatti concreti come l’istituzione di aree a fiscalità ed amministrazione differenziata, prevedendo la possibilità per i comuni di federarsi. Non mancheremo mai di ricordare, infatti, che la forza dei nostri comuni è la loro indipendenza ed il loro legame con il territorio. Se è vero che i piccoli comuni sono così variegati, che ciascuno di essi dispone di almeno un prodotto tipico, è dunque vero che bisogna rinforzare queste tipicità e metterle a sistema, cosa che solo un rapporto come quello federativo può garantire, rispettoso di tutte le comunità, dalla più piccola alla più grande. Unire ed accentrare vorrebbe dire trasformare pezzi di storia in frazioni e cartelli stradali utili solo a segnalare delle future città fantasma. Sovranità vuol dire garantire un’esistenza dignitosa a tutti i cittadini e dunque trasformare le opportunità costituite da questi piccoli comuni in ricchezza, ma vuol dire anche creare fiducia nei cittadini, dando concretezza a dei principi che dovrebbero essere sottintesi, in una grande nazione come l’Italia: libertà di impresa, di movimento, di comunicazione, significa garantire la possibilità di fornire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che per scelta, vocazione, radici, decidono di stare su questi territori e salvaguardarli, senza dimenticare le proprie radici.

Noi di Fratelli d’Italia operiamo sempre secondo lo stesso spirito, che tutti noi abbiamo un solo datore di lavoro, il popolo italiano, che è anche il datore di lavoro di questo Governo ed è bene che non ve ne dimentichiate ed è per questo che auspichiamo che queste mozioni non diventino lettera morta, per rispetto nei confronti di un popolo di coltivatori, imprenditori, commercianti, professionisti, operai, partite IVA, pensionati, famiglie, ragazzi, bambini (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d’Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente), di chi ogni mattina prende un pullman e fa chilometri per andare a scuola e torna alla sera, di chi ogni mattina decide di alzarsi con lo spirito di creare ricchezza per sé e per le proprie comunità, spesso lontane a centinaia di metri di altezza rispetto ai centri urbani. Ed è per questo – e mi avvio a concludere – che auspichiamo che queste mozioni diventino il primo passo per un processo inclusivo e partecipato di promozione delle aree interne, rurali e montane di tutta Italia, guardando insieme a uno sviluppo strutturale e visionario anche, costruendo qualcosa che abbia una direzione, per cercare di ridare dignità a queste persone e a questi territori.

Vedete, io trovo un po’ strano che si adottino misure come il reddito di cittadinanza per dare dei soldi a chi potrebbe lavorare e non cercare invece di dare un premio a quelle persone che ogni mattina aprono comunque la loro bottega o danno un servizio sociale in questi territori, anche a chi vuole frequentarli da turista, perché là, se non ci fossero loro, non potrebbero prendere neanche un caffè; e allora perché non dare un aiuto, nella fiscalità agevolata, a queste aree, come abbiamo proposto anche con una proposta di legge l’anno scorso, come Fratelli d’Italia? Là il lavoro c’è e stanno gridando: “Come possiamo fare per cercare di mantenerlo?” e quindi diamo una risposta, ripartiamo anche da quella che era la legge che riusciva a guardare la montagna a 360 gradi, non solo come territorio, non solo come uomo, non solo come ambiente, non solo come animali che la vivono, ma guardiamola a 360 gradi, ripartiamo da quella legge sulla montagna, la legge n. 97 del 1994, perché tutto quello che c’era scritto allora, che si denunciava allora e al quale si potevano dare delle risposte, purtroppo è peggiorato, ma sono gli stessi problemi e anche a quella fiscalità proposta non è stato dato seguito, non ci sono stati i decreti attuativi, per cui credo che, anche per le altre successive leggi che hanno riguardato la montagna, alla fine il problema vero sia sempre la fiscalità, come è emerso anche ieri in discussione generale. Vedete, la resilienza di questi territori e delle persone che continuano – con tenacia, con determinazione, con rispetto – a viverli, ha bisogno di risposte concrete e io davvero mi auguro che anche venerdì, con gli Stati generali della montagna, ci sia davvero un’attenzione che non sia solo a parole, ma che seriamente ci mettiamo tutti insieme a cercare delle soluzioni per ridare dignità a questi territori e ai loro abitanti. Noi sappiamo da che parte stare: da quella degli italiani, di tutti gli italiani.

Proprio per questo, cogliendo lo spirito di partecipazione e di collaborazione sul tema, Fratelli d’Italia è a favore di tutte le mozioni presentate sull’argomento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Enrico Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente. Signor rappresentante del Governo, colleghi deputati. un osservatore distratto potrebbe derubricare questa nostra discussione al rango di un approfondimento parziale, una delle tante, forse delle troppe, discussioni corporative che il Parlamento della Repubblica italiana fa. Nulla di più sbagliato. In realtà, noi oggi, ponendo al centro della nostra discussione e delle nostre votazioni il tema delle aree montane, delle aree rurali, delle zone interne del Paese, non stiamo parlando e non stiamo pensando solo a quelle aree. Noi stiamo pensando al Paese, stiamo immaginando una risposta di bene comune di fronte alla complessità che il nostro Paese vive e di fronte alla esigenza che sottende a tutti gli interventi che tutte le forze politiche hanno fatto in quest’Aula, e cioè al fatto che la politica, le istituzioni democratiche, le capacità di risposta della rappresentanza, siano in grado di governare questi momenti di trasformazione e di cambiamento, e siano in grado di piegare questi paradossi in una concezione di giustizia, di equità e di speranza.

Dicevo paradossi, signora Presidente, perché noi su queste aree stiamo vivendo due livelli di paradossi, che rischiano di inficiare nel profondo il destino delle nostre comunità: un primo lo potremmo definire un paradosso globale, che è dato, da una parte, dal fenomeno della urbanizzazione, un fenomeno che non è soltanto italiano, è un fenomeno che attraversa tutti i Paesi, se pensiamo soltanto a una nazione a noi molto vicina come la Spagna e al dibattito che in Spagna oggi si sta facendo sul grado di sperequazione territoriale fra le aree metropolitane, è quella che viene definita la España vacía, cioè la Spagna vuota, capiamo quanto questo fenomeno sia un fenomeno in corso, che si lega ad un secondo paradosso globale, e cioè il fatto che i cambiamenti climatici richiamano all’utilizzo delle risorse naturali e dei beni comuni, che su queste aree insistono in una nuova accezione completamente diversa rispetto al passato.

Noi parliamo molto e giustamente di Green New Deal, la legge di bilancio che abbiamo appena licenziato mette questo tema al centro. Il lavoro che la nuova Commissione europea sta facendo pone questo come uno degli obiettivi fondamentali. Bene, noi non possiamo pensare al Green New Deal senza immaginare che parlare di questi aspetti significa toccare da vicino e anche in modo nuovo il modo con il quale governiamo risorse preziose ed importanti come l’acqua, come il suolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), come lo stoccaggio dell’anidride carbonica, come la qualità dei prodotti e della produzione dei prodotti che insistono tutti su questi territori. Basti soltanto un dato: il 93 per cento delle DOP e delle IGP italiane arriva esattamente da questi territori.

E poi vi è un altro paradosso, che è un paradosso italiano, perché queste aree sono aree sulle quali il legislatore, la classe dirigente, dovrebbe guardare in maniera attenta, perché sono aree su cui oggi si stanno già realizzando fenomeni che domani saranno dell’intero Paese. Infatti, da un lato, vi è un autentico shock dal punto di vista demografico, c’è una fortissima tensione, potremmo definirlo uno tsunami demografico in queste aree: i bambini non nascono più, gli anziani diventano sempre più anziani e sta cambiando completamente il modo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) con il quale noi dobbiamo pensare ai diritti di cittadinanza, all’organizzazione del welfare, a come noi teniamo insieme delle comunità che stanno cambiando nel profondo; e dall’altro lato – e questa è una tipicità tutta italiana -, signora Presidente, in Italia non ci sono le riserve indiane nelle aree montane e rurali, ci sono storie di comunità, ci sono storie profonde di organizzazione di paesi, di borgate, di borghi, di uomini, di donne, di persone; in queste aree ci stanno 12 milioni di italiani: è come se ci fossero più persone del Belgio, dell’Olanda, di Paesi significativi dell’Unione europea. E questa tipicità, di come noi incrociamo questi paradossi globali con i paradossi nazionali, richiama ad una responsabilità, che è la responsabilità della politica.

Noi usciamo da questi anni davvero complessi, per alcuni versi anche drammatici, di crisi produttiva, di crisi economica, anche di crisi valoriale, e questa crisi si è scaricata su questi territori in maniera più intensa e per certi aspetti in maniera molto più complessa di altre realtà. Questi territori sono stati destrutturati nel profondo e oggi sono su un crinale, un crinale che pone alla politica un interrogativo, e cioè quello, da un lato, di vincere la sfida della modernizzazione del sistema o quello della tentazione della retorica del rimpianto, del “nostalgismo”, immaginando che rimpiangere i bei tempi che furono, ammesso e non concesso che furono realmente così, possa risolvere da solo il tema dei cambiamenti, della trasformazione e della metamorfosi che queste aree stanno vivendo.

Noi siamo qui perché vogliamo raccogliere la sfida, perché non ci arrendiamo all’idea che la politica sia ancillare e debba soltanto assecondare le trasformazioni che sono in atto a seguito della prepotenza dei mercati e a seguito dell’incapacità delle forme della rappresentanza di incidere nel profondo, nella trasformazione e nella realizzazione dei diritti di cittadinanza.

Bene hanno fatto, signora Presidente, alcuni colleghi, ieri, in discussione generale, penso alla collega Bubisutti, che ha richiamato la figura dell’onorevole Gortani, o al collega Tondo, che ha richiamato la figura del senatore Carpenedo, perché noi dobbiamo sapere che siamo dentro un percorso di storia, noi non siamo un destino senza storia. Chi si immagina destinato, senza avere nulla alle proprie spalle, non sa dove andrà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e conseguentemente non farà nulla. E quindi rispetto a questo è giusto riprendere un percorso che, per completare anche le riflessioni, potrebbe riportarci a nomi come Vanoni, a nomi come Pastore. Vede, signora Presidente, Ezio Vanoni diceva che non bisogna parlare di montagna per essere caritatevoli, parlare di montagna significa parlare di un pezzo della politica economica del Paese. E quando noi oggi discutiamo di che cosa sia lo sviluppo sostenibile, significa prendere quel principio e inverarlo. E Giulio Pastore ci ha spiegato che senza istituzioni locali, lo sviluppo non è, perché è qualcosa di autocentrato, di centralistico, di lontano dalle comunità; e quindi in questo senso noi leghiamo il percorso dell’autonomia differenziata, che vogliamo venga fortemente rilanciato, nella dimensione della ricostruzione delle istituzioni locali, nella costruzione delle nuove comunità. E questo – e mi avvio alla conclusione, signora Presidente – rimanda a quello che noi abbiamo detto tutti: al primato della politica, che oggi è conculcato dalla tecnica, è conculcato dalla finanza, è conculcato dal fatto che noi discutiamo dei nostri problemi nei nostri angusti confini, quando in realtà ci sono tematiche di carattere globale che impattano direttamente anche sulla vita di un singolo Paese o delle singole montagne. Ma in realtà noi stiamo pensando, dentro questa dimensione, ad uno sforzo di ricomposizione tra il popolo e lo Stato.

Noi sappiamo che su queste aree – e ce lo dicono anche le recenti elezioni – vi è un dato di sofferenza. Di fronte alla sofferenza si può stare in due modi: o urlare insieme a chi soffre o cercare di rispondere alle problematiche della sofferenza. Con queste mozioni noi vogliamo stare dalla parte di chi vuole risolvere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Simona Vietina. Ne ha facoltà.

SIMONA VIETINA (FI). Presidente, onorevoli colleghi, va riconosciuto alla legge n. 97 del 1994, “Nuove disposizioni per le zone montane”, il merito di aver ben operato su talune parti, ma non aver saputo avviare quel volano di sviluppo destinato ad arginare lo spopolamento ed il crescente abbandono dei territori che affligge la montagna italiana. Se in alcune regioni, come Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige, abbiamo dei miglioramenti (qui si registra infatti un incremento di popolazione tra i più alti d’Italia), altrove si registrano situazioni drammatiche. In un convegno sulle aree interne in Sicilia dell’ottobre scorso è stato presentato uno studio della regione in cui si è evidenziato che, dal 1951, in 65 comuni interni dell’isola, la popolazione si è ridotta di 147.479 unità; dal 2011 al 2019 ben 14 mila in meno, come fossero spariti nel nulla tutti gli abitanti di Agrigento, Caltanissetta ed Enna. Non meno grave è la situazione della Calabria e della Basilicata; altrettanto si sta verificando nelle aree terremotate dell’alto Lazio, dell’Abruzzo, dell’Umbria e delle Marche, complici i ritardi della ricostruzione: i più giovani, i più attivi se ne vanno e non tornano più. Ma anche nei comuni montani dell’Emilia-Romagna assistiamo ad un costante e continuo spopolamento.

I numeri dell’abbandono sono impietosi: a fronte di una popolazione italiana aumentata di 12 milioni di unità negli ultimi sessant’anni, la crescita si è prevalentemente concentrata in pianura (8,8 milioni di residenti in più) e in collina (4 milioni in più). Nel 1951 la popolazione montana rappresentava il 41,8 per cento sul totale nazionale; oggi la percentuale è scesa del 26 per cento. La riforma della montagna italiana presentata nel 2003 dall’allora intergruppo parlamentare “Amici della montagna” riuscì ad arrivare sino alla definizione di un testo unificato redatto dalle due Commissioni esaminatrici affari costituzionali e bilancio del Senato. Per anni, almeno fino al 2008, la discussione in Parlamento del testo sui piccoli comuni si è intrecciata con quella relativa alla legge sulla montagna; ed anzi la legge sulla montagna sembrava prevalere, perché i Trattati europei e la Costituzione italiana espressamente fanno riferimento alle problematiche delle zone montane.

Non sono ben chiari i motivi per cui il testo sulla montagna è stato abbandonato; fatto sta che diverse norme di quella legge sono state trasfuse nella legge sui piccoli comuni, come quella dell’articolo 15 della legge sui trasporti e istruzione nelle aree montane, o le altre sui servizi di incasso e pagamento (articolo 9) e sulla diffusione della stampa quotidiana nelle aree remote del Paese (articolo 10). Quanto alla legge sui piccoli comuni, questa ha avuto un iter abbastanza elaborato, durato ben 16 anni e 4 legislature a partire dal 2001: ogni volta è stata firmata da centinaia di parlamentari e leader politici, ogni volta è stata approvata con voto plebiscitario da almeno una delle due Camere, ogni volta però si è arenata; tranne che nel 2017 a pochi mesi dallo scioglimento delle Camere, ma anche lì si è riusciti ad approvarla solo perché il Senato ha rinunciato del tutto alla sua prerogativa di modificare il testo, approvando il testo della Camera.

Vorrei porre l’attenzione dei colleghi su un dato: nei quattro anni tra il 2013 e il 2017 in cui è stata discussa la legge sui piccoli comuni, il rapporto tra la popolazione dei piccoli comuni e il totale nazionale è sceso dello 0,8 per cento, cioè quasi 500 mila abitanti, tanto per far capire l’urgenza del problema.

Per sostenere le nostre tesi riguardo alla strategia necessaria per affrontare i problemi delle aree interne e montane, nella nostra mozione procediamo a due tipologie di disamina. La prima, di chi stiamo parlando: parliamo dei piccoli comuni, cioè quelli con popolazione inferiore a 5 mila abitanti, che in Italia sono 5.498 su un totale di 7.914, il 69,5 per cento; e vi risiedono (dati ISTAT 2017) poco meno di 10 milioni di abitanti, cioè il 16,3 per cento del totale dei cittadini italiani. Secondo l’indagine “Piccoli comuni 2012” di Legambiente e ANCI, realizzata dall’Istituto per la finanza e l’economia locale (IFEL), i piccoli comuni sono custodi di gran parte dei tesori, delle identità e delle tradizioni italiane: il 94 per cento dei piccoli comuni infatti presenta almeno un prodotto a denominazione d’origine protetta e la maggior parte ne presenta più di uno. Dire “piccoli comuni” in Italia è quasi coincidente col dire “comuni montani”: infatti sulla base della definizione di zona montana oggi vigente in Italia, sono totalmente montani 3.460 comuni, cioè con territorio con un’altitudine media tra i 500 e i 600 metri di altezza; i comuni integralmente montani coprono il 48 per cento della superficie nazionale, con il 13 per cento della popolazione, circa 8 milioni; la densità di popolazione è circa un terzo della media nazionale.

Il primo e principale appunto che si può muovere alla legge sui piccoli comuni è che si tratta di legge senza soldi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Infatti, per una legge che interessa 5.500 comuni e 10 milioni di cittadini, costituire una dotazione chiamata con l’altisonante nome “Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni” di soli 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023 sembra alquanto poco: si tratta di 2,5 euro a testa per ciascuno dei 10 milioni di cittadini interessati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Non erano questi i contenuti dei testi approvati nel 2015-2016 dalle due Commissioni incaricate affari costituzionali e bilancio della Camera: erano infatti previsti un Fondo per incentivare la residenza nei piccoli comuni di 20 milioni, un Fondo sviluppo strutturale di 40 milioni per due anni; inoltre era previsto un Piano di sviluppo territori rurali con oneri a carico dei fondi europei. In più, nelle proposte delle Commissioni era contenuto un terzo Fondo per il recupero e riqualificazione dei centri storici: 50 milioni di euro per due anni, in totale 115 milioni. Ma poi sono intervenute le esigenze di finanza pubblica, messe nero su bianco dalla Ragioneria generale dello Stato: in sostanza è accaduto che la politica, fatta di istanze, di progetti, di obiettivi e persino di sogni, questa politica espressa dai parlamentari eletti dal popolo, si è scontrata con la Realpolitik, con la politica fatta di conti, di vincoli comunitari, di norme già approvate e da rispettare espressa dal Governo.

E non sto parlando di un Governo di un certo colore politico: sto parlando di tutti i Governi che si sono succeduti dal 2017 in poi. Sono passati oltre due anni dalla data di entrata in vigore della legge sui piccoli comuni, e una ricognizione da noi effettuata tramite l’ANCI rivela che i decreti attuativi della legge n. 158 del 2017 non risultano emanati. Sullo stato dell’iter non ci sono notizie aggiornate: qualcosa si era avviato, alcuni tavoli tecnici lo scorso anno; così ci è stato risposto.

Nella nostra mozione elenchiamo i provvedimenti attuativi che mancano: manca il Piano nazionale per i piccoli comuni; mancano i criteri per la salvaguardia e il mantenimento di servizi essenziali; manca il Piano per l’istituzione destinato alle zone rurali e montane; inattuate risultano anche le previsioni di sviluppo territoriale, quali la realizzazione di circuiti e itinerari turistico-culturali ed enogastronomici. La legge n. 158 stabiliva che, entro 120 giorni dalla sua data di entrata in vigore, ossia il 17 marzo 2018, con decreto interministeriale fossero indicati i parametri necessari per la determinazione delle tipologie di piccoli comuni che possono accedere alle risorse del Fondo per lo sviluppo strutturale. Insomma, non sappiamo nemmeno come sono stati declinati i criteri per stabilire chi accede ai finanziamenti.

E veniamo alla seconda disamina. Ci si risponderà che non sono mancati gli interventi per i piccoli comuni, per le aree interne; e puntualmente noi nella mozione li indichiamo: il Fondo nazionale integrativo per i comuni montani, la Strategia nazionale per le aree interne, le misure per la realizzazione di opere pubbliche, le ulteriori misure previste dalla legge di bilancio per il 2020. Ma qui veniamo al punto: tutto questo complesso di risorse non è riuscito a fermare il declino delle zone montane. Ci troviamo con un fenomeno di desertificazione commerciale, che accelera lo spopolamento…

PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.

SIMONA VIETINA (FI). …che oggi riguarda oltre mille comuni. Allora espongo velocemente la tesi. Siamo in assenza di un quadro unificante di sviluppo, gli interventi fatti per bandi o con contributi a spot…

PRESIDENTE. Collega, ha esaurito il suo tempo.

SIMONA VIETINA (FI). …vanno bene per alcuni interventi ma non vanno bene per rilanciare lo sviluppo economico. Quindi, a nostro giudizio, sono sbagliate le modalità di approccio al problema delle aree montane e delle aree interne.

PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.

SIMONA VIETINA (FI). In conclusione, si tratta di rivedere le modalità di intervento. Occorre riformulare tutta la strategia nazionale per le zone montane e le aree interne e i piccoli comuni.

PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.

SIMONA VIETINA (FI). E poi abbiamo indicato dieci punti che comunque rimangono agli atti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Parolo. Ne ha facoltà. Colleghi, vi chiedo di abbassare il tono della voce.

UGO PAROLO (LEGA). Grazie, signor Presidente. Stiamo parlando di montagna, oserei dire finalmente: in questa legislatura è la prima volta che succede, quindi vorrei molto onestamente dare atto al Governo, al Ministro Boccia, di aver portato la discussione in Aula. Il vero valore aggiunto di questa giornata credo non sia tanto il contenuto delle mozioni, che sono importanti, ma sappiamo qual è il limite dello strumento stesso che stiamo votando: nelle mozioni si scrive un po’ di tutto e quasi sempre viene accettato quasi tutto, quindi sono una testimonianza delle volontà, un deposito delle volontà. Ma il vero valore credo sia proprio il fatto che oggi siamo qui in quest’Aula, in modo trasversale, ponendo al centro dei temi che sono veramente temi importanti per il nostro Paese. Allora non voglio concentrarmi sul contenuto delle mozioni e delle azioni che in esse sono contenute, nella nostra e nelle altre mozioni, ma vorrei parlare di tre principi che a mio modo di vedere stanno più in alto, sopra il contenuto, e che servirebbero a nostro modo di vedere per poter declinare poi queste azioni. A mio modo di vedere, a nostro modo di vedere, un principio importante, se parliamo dei territori marginali, se parliamo di montagna, di aree interne, è quello della rappresentanza: se non esiste rappresentanza, non esiste democrazia, non esiste la possibilità di esserci, soprattutto nelle istituzioni. Nessuno, signor Presidente, vuole mettere in discussione il suffragio universale, ci mancherebbe altro, ma dobbiamo tenere presente che non esiste solo la demografia, esiste anche il territorio, e spesso territorio e demografia non hanno la stessa incidenza. Voglio portare all’attenzione questa questione proprio oggi, perché il Governo ha fissato per il mese di marzo la data in cui si svolgerà il referendum costituzionale per la riduzione dei parlamentari. Non voglio entrare nel merito di questa vicenda, ma voglio fotografare quello che sappiamo tutti succederà: in assenza di correttivi, ci sarà mezzo Paese non rappresentato. Allora, veramente l’auspicio è che da questa discussione possa uscire tra tutte le forze un patto, un patto politico affinché, qualunque sia la legge elettorale che si andrà a mettere in campo, questa legge elettorale tenga conto di queste esigenze. Io vengo da un territorio – la provincia di Sondrio, che ho avuto l’onore di rappresentare anche in consiglio regionale in Lombardia – per il quale abbiamo dovuto introdurre il diritto di tribuna nella legge elettorale, altrimenti su 80 consiglieri eletti in Lombardia nessun consigliere sarebbe stato eletto in provincia di Sondrio; un territorio grande come la Valle d’Aosta non rappresentato in consiglio regionale della Lombardia. Questo è un tema centrale, se parliamo di montagna e di aree interne.

Il secondo tema, il secondo pilastro che vorrei trattare è quello della fiducia: noi abbiamo speso tutti questi anni, da Tangentopoli in poi, per cercare di riacquistare la fiducia dei cittadini verso lo Stato. È stata un’azione a senso unico, e per fare questo – vorrei dire usando un termine un po’ colorito – ne abbiamo combinate di tutti colori: ci siamo auto-delegittimati come classe politica, abbiamo punito i partiti, abbiamo introdotto regole assurde, ci siamo dotati di una miriade di Authority, di garanzie, di leggi contro la corruzione e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo non ha fatto altro che auto-delegittimarci e rendere la vita ai cittadini ancor più complicata. Ci siamo dimenticati di un aspetto, che la fiducia deve essere reciproca: anche lo Stato si deve fidare dei cittadini. Questo è un principio fondamentale, occorre un patto di fiducia trasversale reciproco tra i soggetti. E perché parlo di fiducia, parlando di montagna? Perché nei territori montani, la mano data è sempre stata un valore aggiunto, più che in altri territori. Nel locale, dove ci si conosce, il rapporto di fiducia è stato il punto di forza per secoli per mandare avanti l’economia. Allora da lì lo Stato deve partire per reintrodurre questi concetti così importanti. Sono assolutamente necessari, perché altrimenti non potremmo risolvere i problemi che abbiamo. Serve una rivoluzione culturale. Non abbiamo bisogno dello Stato padrone in montagna; lo Stato padrone, in montagna, non è ben voluto, diventa un ostacolo, diventa un problema da risolvere, non una risorsa al fianco di chi ci vive. Lo diceva bene ieri la collega Bubisutti citando Gortani: lo Stato, di regola, si ricorda della montagna e dei montanari, e si mostra presente per imporre vincoli, esigere tributi o prelevare soldati. Diciamo che il terzo aspetto l’abbiamo risolto, ma già all’epoca della Costituente esisteva il problema, figuriamoci oggi. E vorrei farvi tanti esempi, ma non abbiamo il tempo, ve li cito velocemente. Pensiamo a uno strumento voluto dall’Unione europea per coinvolgere i territori nelle procedure sui piani e i programmi: la valutazione ambientale strategica. È diventata un procedimento che serve quasi sempre per demolire le azioni di concertazione fatte dalle pubbliche amministrazioni sui territori, e restituisce piani e programmi che poi non sono accettati dai cittadini: una regola che nasce con un principio giusto e viene applicata con un modo sbagliato. Abbiamo citato più volte la strategia nazionale aree interne, una grande intuizione dell’ex Ministro Barca. Superare le modalità dei bandi nella gestione dei fondi europei, coinvolgere i territori, farli partecipare, ma abbiamo due problemi: uno è una gestione burocratica assurda, paralizzante, inaccettabile, il secondo è che i nostri territori – è il fatto ancor più grave – non sono più pronti ad autogovernarsi, proprio perché lo Stato li ha auto-delegittimati e ha insegnato loro ad essere governati dall’alto. I nostri amministratori locali si impoveriscono quando devono fare scelte importanti e condivise, non perché non sono capaci, ma perché non sono abituati, questo è il dramma.

Vorrei parlare della Convenzione europea del paesaggio. Non so quanti di voi abbiano letto – immagino tutti – il preambolo alla Convenzione europea del paesaggio. Abbiamo in mente cosa significa paesaggio in Italia? Significa vincolo, vincolo, vincolo! Ebbene, la Convenzione europea del paesaggio dice: constatando che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale, e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato può contribuire alla creazione di posti di lavoro – sembra fantascienza, ma è preambolo alla Convenzione europea del paesaggio -, coopera all’elaborazione delle culture locali, è in ogni luogo un elemento importante della qualità della vita delle popolazioni, desiderando soddisfare gli auspici delle popolazioni di godere di un paesaggio di qualità, di svolgere un ruolo attivo nella sua trasformazione, persuasi che il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo. Noi non facciamo questo nella gestione del paesaggio, cari colleghi.

L’ultimo aspetto che voglio toccare è la specificità dei territori montani. Noi parliamo spesso di montagna, ma dovremmo parlare di montagne: esistono le Alpi esistono i monti Iblei, e ogni territorio ha la propria specificità, anche all’interno delle Alpi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Non possiamo fare una regola unica per tutti i territori, abbiamo esigenze diverse e abbiamo bisogno di regole diverse: abbiamo bisogno di autoamministrazione. Sempre Gortani – me lo ricordava la collega Bubisutti – all’articolo 45 della Costituzione, un costituente montanaro, ha fatto introdurre la tutela dello sviluppo dell’artigianato non a caso, perché l’artigianato è il simbolo della cultura dei territori, della montagna: è un valore aggiunto e – lo diceva il collega Enrico Borghi, prima, ricordando il mercato – nel triangolo mercato-Stato-territorio, il terzo lato, quello del territorio, è risultato soccombente; eppure dovrebbe essere per le politiche della montagna il lato che regge gli altri due, invece hanno prevalso lo Stato e il mercato, mentre il territorio è stato dimenticato.

Ebbene – non vedo il Ministro in Aula ma sicuramente ascolterà l’intervento – io mi auguro che con gli stati generali della montagna questi pilastri, questi principi fondamentali possano essere messi al centro della discussione e portati avanti in maniera concreta. Annunciamo il voto favorevole del nostro gruppo a tutte le mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Patrizia Terzoni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA TERZONI (M5S). Presidente, colleghe deputate e colleghi deputati, nel nostro Paese non esiste solo la questione del riequilibrio territoriale nord-sud, ma vi è, altrettanto pressante, la necessità di assicurare un futuro alle aree montane. I padri costituenti avevano già compreso che la tutela della montagna dovesse assumere una valenza fondamentale per lo sviluppo equilibrato del Paese, assicurando un equo soddisfacimento dei diritti di tutti i cittadini. Non a caso, hanno inserito nella Costituzione, all’articolo 44, una particolare forma di attenzione e protezione nei confronti delle aree montane, un vero e proprio impegno programmatico inserito nella legge fondamentale come elemento fondativo di tutte le politiche da adottare per assicurare al Paese uno sviluppo armonico. Purtroppo, guardando i dati, questa indicazione è rimasta sostanzialmente disattesa, nonostante le aree montane concentrino, da un lato, elementi di fragilità, quali quelli del rischio sismico e del rischio idrogeologico, e, dall’altro, una grande ricchezza in termini culturali, del paesaggio e della biodiversità. Non a caso l’ossatura della nostra rete di parchi nazionali si fonda su aree protette montane e molti siti UNESCO che proteggono i nostri paesaggi; sono siti di montagna disseminati tra le Alpi e gli Appennini, che sono poi la spina dorsale del nostro Paese. Queste fragilità e queste bellezze, a causa di scelte da molte parti ritenute sbagliate, hanno visto anche un impoverimento della presenza dello Stato nella prevenzione ambientale e forestale; forse sarebbe il caso di ritornare anche su questo argomento. Questo aspetto, infatti, è l’anello di congiunzione tra le politiche dello Stato e i servizi resi alle popolazioni montane, soprattutto nell’ottica di una gestione economica ambientale sostenibile. Non dobbiamo nasconderci che le aree montane si stanno spopolando, i residenti invecchiano e i giovani non trovano alcun vantaggio nell’andare a vivere in zone con pochi servizi, lontane dalle comodità, con strade spesso impervie e condizioni di vita rese sempre più complesse dai cambiamenti climatici in atto.

Per evitare che le aree montane si spopolino, diventando così terra di nessuno, esponendole quindi a rischi idrogeologici e incuria, dobbiamo fare scelte molto, ma molto più radicali e dare una vera e propria sterzata nelle politiche attive del Governo, per garantire i diritti fondamentali in questi territori, da quelli connessi alla salute, alla questione del lavoro, della tutela ambientale e della sicurezza.

Oggi, abbiamo davanti quella che potremmo definire una vera e propria “questione montagna” nel Paese che a volte si sovrappone all’altra grande questione nazionale, la questione meridionale, e che evidenzia quella che potrebbe divenire una vera e propria frattura quasi esistesse come una frontiera interna. Bisogna guardare fino in fondo la profondità della crisi in cui versano i nostri territori montani e dare una risposta al grido di dolore che proviene dalla comunità delle aree interne.

La mozione che abbiamo elaborato è frutto della collaborazione dei vari gruppi, senza guardare al colore dei partiti, e rappresenta un momento importante perché individua numerose aree di intervento, indicando al Governo un percorso che in alcuni anni potrebbe determinare una svolta concreta per queste aree.

Alcune politiche sono già state delineate nel recente passato (penso, ad esempio, alla strategia per le aree interne); esse devono essere rafforzate, garantendo investimenti adeguati e un’assistenza adeguata agli enti locali per la loro attuazione. Nel documento troverete numerosissime azioni e misure concrete che proponiamo all’attenzione del Governo. La legge di bilancio 2020 ha già incrementato di 200 milioni di euro le risorse nazionali destinate per lo sviluppo delle aree interne del Paese; qui si chiede un ulteriore sforzo per investire più risorse sia in maniera diretta, sia assicurando forme di sgravi e facilitazioni fiscali. Non basta, però, prevedere nuove risorse; servono un’attenzione costante delle strutture di Governo e nuovi strumenti di intervento. Le aree montane hanno bisogno di fondi per politiche specifiche, attingendo sia dalla legge sui piccoli comuni, approvando in tempi rapidi i decreti attuativi (quindi, invito il Governo ad occuparsene immediatamente), sia assegnando fondi alle aree protette e alla rete Natura 2000.

Tra le tante aree d’azione che individuiamo voglio ricordare la richiesta di avviare un piano nazionale per i piccoli comuni, le aree rurali e montane del Paese, al fine di prevenzione del dissesto idrogeologico, la lotta ai cambiamenti climatici, il riuso dei beni immobili e il contrasto al consumo di suolo, con uno stanziamento di 2 miliardi di euro per ciascun anno nei prossimi cinque anni, sviluppando un programma di tutela della biodiversità montana particolarmente minacciata dai cambiamenti climatici in corso.

Al centro delle politiche di sviluppo va messo il turismo, quello rurale e agrituristico. A tal fine è necessario predisporre una serie di benefici fiscali per le micro attività sportive diffuse nelle aree montane, dai rifugi ai centri di educazione ambientale, all’attività di gestione delle aree protette e siti Natura 2000, comprese le iniziative per la ristrutturazione degli edifici con iniziative tipo l’Art Bonus, riguardando ad esempio i rifugi, i bivacchi e bonus similari, e l’acquisto di beni durevoli e di consumo.

Serve un supporto economico a cittadini ed imprese, occorre differenziare i sistemi fiscali delle aree interne, ispirandosi al modello “Resto al Sud”, oppure incentivare e rendere più semplice, anche a livello burocratico, il recupero degli immobili nei borghi montani da parte di giovani che, da soli o in cooperative, vogliano restare e investire in montagna. Per semplificare la vita in alta quota è necessario aiutare le popolazioni nella manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio e gli interventi di protezione civile, per cui serve sviluppare il protagonismo dei cittadini con misure di semplice attenzione come benefici e agevolazioni per l’acquisto di turbine spazzaneve ed altri presidi similari, utilizzabili in caso di calamità. E sull’esempio del bonussisma, serve disporre misure premiali per favorire forme di cooperazione tra comuni e privati frontisti per la manutenzione ordinaria della viabilità montana comunale.

Vanno dati più voce e potere decisionale a questi territori, sviluppando una governance multilivello che ampli il coinvolgimento dell’amministrazione a livello locale e fornendo alle stesse maggiori risorse per l’ampliamento delle tecnostrutture territoriali. È necessario ripensare a una riorganizzazione delle funzioni dei segretari comunali nei comuni delle aree montane, per rispondere alle esigenze evidenziate da più parti, anche a partire dall’UNCEM, e valutare la compatibilità giuridica del trasferimento alle regioni della competenza in materia di grande derivazione idroelettrica.

Infine, è fondamentale agire sui diritti fondamentali, salute e giustizia, adeguando la legislazione vigente, salvaguardando i livelli di qualità e sicurezza, la revisione dei criteri per il mantenimento dei presidi ospedalieri e scolastici, nonché per quelli della giustizia negli ambiti montani. Se si continuerà sulla strada di chiudere reparti e punti nascita nei presidi ospedalieri montani, svalutando e dequalificando le strutture e anche le professioni, e obbligando i cittadini a grandi spostamenti per partorire o anche solo per fare esami specialistici, si minerà in maniera importante la possibilità che i territori montani possano rinascere a nuova vita.

Credo che vi sia molta concretezza in queste misure e auspico che tutte queste proposte possano avere il sostegno di tutti i gruppi, ma soprattutto da parte del Governo, per una loro reale applicazione, per dare un segnale alle comunità che ancora presidiano le meravigliose montagne delle Alpi, dell’Appennino e delle isole…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia… colleghi…

PATRIZIA TERZONI (M5S). Noi non ci tiriamo indietro in questa battaglia e dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Angiola. Ne ha facoltà.

NUNZIO ANGIOLA (MISTO). Grazie, Presidente. Da deputato pugliese debbo constatare che la problematica delle aree interne è particolarmente rilevante e meritevole di attenzione.

In Puglia le aree interne sono quattro: Monti Dauni, Sud Salento, Gargano e Murgia. I comuni coinvolti in Italia in tutto sono 4.216 e sono in gran parte piccoli comuni. Tali piccoli comuni, per la mancanza di personale, risorse finanziarie e strumentali, si ritrovano ad operare tra mille difficoltà e non riescono di frequente a prestare servizi adeguati alle collettività amministrate. Un’autentica democrazia senza risorse. Per questo, Presidente, voterò la mozione di maggioranza, che è assolutamente avvolgente di quelle di minoranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bond. Ne ha facoltà.

DARIO BOND (FI). Presidente, premetto che sono d’accordo totalmente con le mozioni e anche con gli interventi, in primis con quello dell’onorevole Borghi, che condivido in pieno, e anche degli altri colleghi, però voglio mettere a disposizione dell’Aula, anche per venerdì, quando ci sono gli stati generali della montagna, un dato impressionante: dal 1° gennaio di quest’anno sono state chiuse in Italia, piccole attività economiche, piccoli negozi, piccole realtà proprio di produzione anche di reddito, 3.300 attività. Sono state chiuse per un unico motivo, è per quello che voglio fare l’appello all’onorevole Boccia e ai Ministri presenti…

PRESIDENTE. Colleghi!

DARIO BOND (FI). …per l’invio telematico dei dati, per l’invio telematico dei dati! Ci sono dei rifugi alpini che chiudono perché non possono mandare lo scontrino all’Agenzia delle entrate, allo sportello dell’Agenzia delle entrate. Allora, onorevole Di Maio, onorevole D’Incà, onorevole Boccia, onorevole Franceschini, cercate di mettere mano e di affrontare questa questione. Non è possibile che in alcune aree dove non c’è Internet si chiuda l’attività perché non si può inviare a livello telematico lo scontrino fiscale. È un’ingiustizia, metteteci mano, perché altrimenti altre 3.500 attività chiuderanno fra poco (Applausi).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Ho il piacere di comunicare ai colleghi che il 22 gennaio scorso è nato Salvatore, il terzo figlio del collega Edmondo Cirielli, deputato questore (Applausi). A nome di tutta l’Assemblea desidero formulare le più vive felicitazioni e i più sinceri auguri al nostro collega, alla madre ed al neonato.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Enrico Borghi, Federico, Marco Di Maio, Fornaro, Plangger ed altri n. 1-00312 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3) (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Parolo ed altri n. 1-00316, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalla precedente votazione, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00317, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vietina ed altri n. 1-00318, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 6).