FILIERE FORESTALI, ASTA DEL LEGNO A CAVOUR. UNCEM: 10 PUNTI PER LAVORARE NELLE ALPI E NEGLI APPENNINI CON ENTI E IMPRESE
Uncem, con i Presidenti della Delegazione piemontese Roberto Colombero e nazionale Marco Bussone, hanno partecipato oggi a Cavour all’Asta del legname di qualità – tra le prime e uniche iniziative in Italia di questo tipo – promossa nell’ambito del progetto Traccialegno da un’idea di Paolo Terzolo, Dottore Forestale, d’intesa con PEFC Italia. Un evento che ha messo in dialogo Enti locali, imprese dell’esbosco, segherie, falegnamerie, associazioni e centri di ricerca, in una sinergia costruita con Conaf e Sisef, da sempre impegnati nel generare coesione tra pezzi di filiere che in Italia – Paese forestale che non sa fino in fondo di esserlo – parte da 11,6 milioni di ettari di superficie forestale, il 38% della superficie del nostro Paese. Per la quale sono arrivati, in legge due mesi fa, gli “accordi di foresta” proprio per unire quei pezzi di mondo economico e imprenditoriale che oggi non si parlano, aumentare il valore della materia, usare più materiale locale, aprire nuovi mercati. Nella legge di bilancio 2022 vi sono 30 milioni per le foreste. Oltre a 100 nel DL incendi convertito in legge.
I vertici nazionali di Uncem hanno lanciato stamani a Cavour dieci proposte per mettere il Paese – in particolare Alpi e Appennini – nelle più avanzate politiche europee forestali, sostenibili e capaci di traguardare le sfide della crisi climatica. Eccoli, i dieci punti:
1. Aumentiamo il dialogo tra imprese, Enti, associazioni, in particolare tra boscaioli, chi entra in bosco, segherie, falegnamerie, negozi. Dialogo agevolato dai Dottori forestali, per immettere nel sistema nuova capacità culturale di visione e operatività. Occasioni di confronto devono moltiplicarsi. Uncem le favorirà.
2. Diamo forza e sostanza alla “Borsa del legno”, promossa da Assolegno, anche d’intesa con Uncem per far unire la domanda con l’offerta di materiale di qualità per costruzioni e altri prodotti. Manca il materiale che arriva dall’estero, aumenta di costo. Usiamo dunque il nostro legno. E uniamo le tante iniziative vincenti sparse per l’Italia, dalle aste ai cluster, ai marchi. Insieme si vince.
3. Portiamo la digitalizzazione nel settore. Non solo macchine più avanzate, in bosco e in segheria, ma anche blockchain per la tracciabilità dei materiali, a vantaggio del consumatore e del cliente finale dei prodotti, capace di riconoscere il valore del prodotto nel “chilometro e metro zero” come punto di partenza della materia prima legno. Togliamo di mezzo ogni “nero” e tutto il sommerso. Anche su pellet e legna da ardere. Se vi sono dubbi sulla provenienza, non mettete quel pellet nella vostra stufa. Cosa meno? Sarà così per effetto di un danno – sociale, ambientale, antropico – causato alle foreste europee, russe, cinesi dalle quali arriva. Facciamo attenzione. Usiamo bene il legno e i suoi derivati. La foresta va protetta anche così.
4. Aumentiamo le superfici pubbliche e private del Paese pianificate, gestite – con piani di gestione – e certificate – FSC e PEFC – anche chiedendo alle istituzioni degli strumenti di semplificazione per il passaggio di proprietà e successione – niente notaio sotto l’ettaro di superficie di bosco o pascolo, ad esempio – così da definire una “superficie minima indivisibile”. Non servono solo 1 miliardo di nuovi alberi in più – quelli facciamoli nelle zone urbane – bensì occorre gestire bene quello che c’è. In Italia abbiamo il problema opposto rispetto ad Africa, Sud America, Asia. Il bosco da noi aumenta e questo non sempre è positivo. Dobbiamo avere accortezze per evitare di lasciare questo aumento esposto a rischi ambientali – incendi, dissesto, frane – a danno di tutti.
5. Puntiamo sulla formazione. Formare boscaioli, segantini, selezionatori, falegnami. IPLA, ESRSAF, E. Mach devono essere il fulcro di questa formazione, con i Centri di formazione – Formont, Scuole San Carlo, Case di Carità, Murialdini, … – per andare incontro a giovani motivati e in grado di prepararsi, entrare in azienda o formarne nuove.
6. Abbassiamo l’IVA sui prodotti forestali. Tutti. Stoccano CO2 e sono già antidoto alla crisi climatica. Dunque diciamolo e lo Stato intervenga per portare al 4% l’IVA su tutti i prodotti del bosco. A partire da tronchi, lavorati, semilavorati, ma anche serramenti, mobili,… Inoltre, si riconosca che lo stoccaggio di CO2 in questi prodotti ha un valore, pieno e decisivo, a beneficio anche dei territori dai quali il legno è stato preso e usato grazie a regole selvicolturali vigenti efficaci e serie, riducendo peraltro le importazioni di materiali anche da Paesi nei quali illeciti, forme illegali di taglio e gestione non sono certo una novità.
7. Non demonizziamo la produzione di energia. Dai nostri boschi si ottengono materiali per buone produzioni di materiale per carpenteria ad esempio, ma sappiamo che una parte – da ridurre anche per il valore maggiore da ricavare – va in impianti per la produzione energetica. Che devono essere più efficienti ma che non sono certo da condannare. Nelle aree montane, i prodotti legnosi per energia sono antidoto ai costi eccessivi e gravi di Gpl e anche metano. Puntiamo ad usare i nostri prodotti e dunque anche meno pellet importato.
8. Creiamo piazzali e piattaforme logistiche di gestione. Ma anche “piazzali on line” dove gestire cataloghi virtuali di materiale reale che permettano di far incontrare domanda e offerta. Non cinquanta o cento piattaforme nazionali, bensì una che Uncem ha già in costruzione con la Borsa del legno di Assolegno e Federlegno Arredo. In una sinergia efficace per le filiere.
9. Le reti di imprese, le piattaforme e le borse del legno, insieme e in dialogo tra loro, devono sensibilizzare i progettisti – geometri, architetti, ingegneri, geologi – al fine di usare nei loro progetti – da un tetto, a una casa, a una briglia di un versante – dei travi, colmi, perline, assi, tavole, pali di legno locale. Delle valli vicine. È una questione prima di tutto culturale. E per gli Enti locali si traduce nel mettere opportuni CAM – Criteri Ambientali Minimi – negli appalti pubblici che premino solo e sempre l’uso di materiale locale, sia lamellare ovvero massiccio.
10. Servono marketing, design, racconto. Chi compra un serramento, una porta, un mobile fatto con legno italiano lo deve sapere. Deve sapere quanta CO2 è stoccata all’interno, da dove arriva la pianta, come è coltivata e gestita quella foresta, chi l’ha lavorata e dove. È un racconto. Che vale anche per le case. Se sono fatte con materiale italiano, l’acquirente lo deve sapere. Deve esserne orgoglioso. Vede la casa, la porta, l’infisso e con il QrCode collegato, viaggia nella foresta, nella segheria, sul camion che al posto di portare il legno da Austria, Russia o nord Europa, gli ha portato il prodotto – casa compresa – dal bosco a cinquanta chilometri da lui. È un prodotto tutto italiano. E ha fatto bene all’ambiente, alle foreste, alla storia.
“Alcune proposte – afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem – che richiamano quanto più efficacemente è scritto nella Strategia forestale nazionale che attua il Testo unico forestale, avanzatissima legge italiana che ci pone all’avanguardia. Ma capire fino in fondo che siamo un Paese forestale significa investire e agire di conseguenza a tutto tondo, con tempi certi e il coinvolgimento del sistema pubblico, privato, associativo, accademico. Uncem è pronta”.