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Accedere al bonus nido nelle aree interne del Paese è pressoché impossibile. Perchè mancano gli asili nido e le famiglie non riescono a utilizzare quelli dei poli dei servizi nei centri del fondovalle, già saturi per via degli iscritti in crescita e garantiti dalla residenza. Secondo i dati di OpenPolis, nei Comuni ultraperiferici (con oltre 75 minuti per raggiungere il polo più vicino) vi sono solo 10,3 posti di asilo nido ogni 100 residenti tra 0 e 2 anni. Nei comuni periferici (distanti da 40 a 75 minuti) il dato sale a 13 e a 14,8 nei Comuni intermedi (distanti tra 20 e 40 minuti), esattamente la metà dei Comuni “polo” dove i posti sono 27.

“Così accedere al bonus nido per le famiglie è impossibile – evidenzia il Vicepresidente nazionale di Uncem, Vincanzo Luciano – Nei Comuni dove non c’è il nido è più facile assistere a una migrazione del nucleo famigliare che non ha modo di restare, ha bisogno di servizi che non trova. Si inizia così, con i bambini piccoli, a pensare di trasferirsi altrove. Non è giusto la norma vieti il bonus nido per baby parking o per altre forme di assistenza di comunità. È infatti sempre più ricorrente trovare nei Comuni senza nido delle forme non temporanee, permanenti, aperte ogni giorno e inquadrate nell’ordinamento guiridico, di assistenza per i bambini più piccoli. Costruite di concerto con i Comuni dalle famiglie o da giovani maestre laureate”. Dove non c’è l’asilo, la comunità, i paesi delle aree interne, hanno spesso trovato soluzioni che sgravano i Comuni di costi, che supportano le famiglie, che contrastano lo spopolamento, che creano lavoro, che generano crescita e socializzazione. “Che non possano accedere al bonus nido rinnovato con la legge di bilancio – evidenzia Luciano – non va bene. Ne parleremo venerdì al Ministro Boccia agli Stati generali della Montagna, affinché si faccia una riflessione più raffinata con il Ministro competente. Gli asili non ci sono e fino a quando non verranno realizzati, con le risorse recentemente stanziate dallo Stato, occorre contemplare e accettare che i genitori scelgano altre forme di assistenza, di formazione, di socializzazione. In questa direzione, non vanno penalizzati escludendoli dal bonus”.