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“Data certa di apertura, che vada oltre i colori delle regioni, gialle o arancioni, e ristori efficaci per le società che gestiscono gli impianti di risalita, pubbliche e private. Uncem si unisce alle richieste e alle proposte delle Regioni al Governo che sta lavorando su questo fronte con il Ministro Boccia in testa. Occorre individuare aiuti alle imprese e ai lavoratori in linea tra gli Stati europei, in particolare Francia e Spagna, notificando insieme, con un modello univoco, gli aiuti di stato a Bruxelles. Questo permetterebbe di avere un sistema di aiuti comune nel sistema alpino europeo. Abbiamo la naturale sede della Strategia macroregionale Alpina per questo tipo di lavoro, che genera coesione. Anche per Maestri di Sci, rifugi escursionistici e altre categorie di imprese e lavoratori colpite, un raffronto con gli aiuti erogati da parte di altri Paesi UE per l’Italia, per le Alpi tutte, è importante per evitare sperequazioni. È necessario per i gestori degli impianti di risalita avere certezze delle regole di apertura e delle modalità di gestione dei flussi di fruitori degli impianti e delle poste. In questa direzione si consentano analisi del rischio contagio, ad esempio valutando da subito l’apertura di una o più stazioni invernali per regione, così da monitorare gestioni e livello di rischio reale di contagio, non solo sulla base di proiezioni e indicatori”. Lo afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem.

“Si prospetta – dice Tiziano Maffezzini, presidente regionale dell’Uncem (Unione nazionale Comuni, Comunità montane ed Enti montani) – una crisi profonda per un settore che vale, solo in Lombardia, più di un miliardo di euro di fatturato. Uncem Lombardia si unisce alle proposte delle Regioni che si stanno impegnando per concretizzare le richieste del comparto montano, da formulare al Governo”.

A questo punto servono però certezze per tutelare anche quelle figure che non hanno ancora ricevuto nulla in concreto. “Occorrono aiuti e certi per evitare il tracollo del settore, servono risposte immediate per le aziende, per i lavoratori e le loro famiglie. Imprese ma non solo, anche i tantissimi lavoratori stagionali, il cui numero supera ampiamente le parecchie migliaia di unità, di cui poco si parla, che al momento non godono di nessuna protezione e rischiano seriamente di non essere nemmeno ricompresi tra i ristori. C’è poi tutto l’indotto da tenere in seria considerazione: rifugisti, noleggiatori e maestri di sci ad esempio, ma anche il settore alberghiero e quello della ristorazione, quello dei servizi, l’agroalimentare ed il commercio locale, tutti traggono sostentamento dalla presenza di turisti nelle rispettive valli. Intere comunità di montagna vivono grazie alla stagione turistica invernale”. Ci vorrebbe più concretezza, sostiene. “Serve quindi la dovuta considerazione e ristori immediati, certi e concreti, così come sta accadendo in Francia, in Spagna, Germania ed in Austria dove alle imprese viene già da oggi riconosciuto un ritorno consistente, proporzionale al mancato fatturato. Un percorso da attuare anche mediante l’adozione di un modello comune nell’arco alpino europeo”.