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“Dieci anni fa, il 12 agosto 2011, gli Enti locali e le loro Associazioni avviarono una mobilitazione come mai prima per difendere la Democrazia. I piccoli Comuni sotto attacco scesero in Piazza. La Manovra di Agosto del Governo di allora interveniva con la scure sui piccoli Comuni e sulle piccole Province. Si muoveva sulla scia ideologica di libri contro ipotetiche caste e spesa pubblica concentrata nelle autonomie locali. Ma si muoveva anche su un centralismo mescolato in salsa pseudo-federalista. Che di fatto non era. Si tagliavano tutti i Comuni sotto i mille abitanti, costringendoli ad unire i bilanci. 1970 Comuni in meno in Italia. E 36 province in meno. In una totale assenza di dialogo con i rappresentanti degli Enti locali. Tagli dall’alto. Senza giudizio e senza alcuna considerazione politica rispetto alla democrazia sui territori. In totale contrasto con la Costituzione”.

Il Presidente nazionale Uncem Marco Bussone ricorda così un triste anniversario. L’Uncem guidata a livello centrale da Enrico Borghi, con tutte le Delegazioni regionali – in particolare quella piemontese presieduta da Lido Riba – avviarono una mobilitazione senza precedenti contro quelle decisioni assunte dal Governo nella “Manovra di Agosto”. Il Governo varò il testo il 12 agosto 2011, in serata, dopo la rottura con Uncem e Anci. Enrico Borghi, vicepresidente Anci e Presidente Uncem il 13 agosto 2011 evidenziava, rispetto all’articolo 16 della Manovra, “la contradditorietà di un provvedimento che vorrebbe colpire le ‘poltrone’ e, invece, mortificherà il prezioso lavoro volontario che, nei piccoli Comuni, senza compenso, gli Amministratori locali eletti dalla popolazione compiono per la manutenzione del  territorio e la coesione sociale”. “L’unico risultato sarà – affermava il 12 agosto 2011 Borghi – uno Stato ancora più lontano dai cittadini ed il venir meno di quella tradizione civica di autogoverno presente in modo così significativo specie tra le genti di montagna, senza alcun beneficio per la spesa pubblica, anzi con costi burocratici aggiuntivi. È una manovra sbagliata che non persegue gli obiettivi che dichiara”. Lido Riba, Presidente Uncem Piemonte, guidò la prima mobilitazione in piazza, il 22 agosto a Torino, sotto la Prefettura. Contro la chiusura di 597 Comuni piemontesi con meno di mille abitanti. Seguirono il 26 agosto Milano e il 29 Roma. Bandiere a mezz’asta nei Comuni per un mese. Il lavoro del Parlamento sul testo varato dal Governo eliminò di fatto quell’accorpamento dei piccoli Comuni. Dieci anni sono stati molto travagliati, densi di luci e ombre. Lo spopolamento dei territori montani e delle aree interne del Paese non si è fermato. Molti pezzi di Italia hanno provato a ripensare i servizi ai cittadini – scuole, trasporti, sanità, in primis – ma con iniziative dal basso che non sempre i Governi hanno apprezzato e incoraggiato individuando norme specifiche per necessità peculiari territoriali.

È stato solo con la legge 158 del 2017 che i piccoli Comuni in Italia sono stati individuati come essenziali, nonostante continui tentativi di eliminazione, che serpeggiano anche tra alcuni Parlamentari molto urbani… – spiega Marco Bussone, Presidente Uncem – la Carta delle Autonomie proposta da Anci e Uncem dopo la mobilitazione dell’estate 2011 di fatto non venne mai attuata. E il ‘Cantiere istituzionale’ lanciato, è rimasto ancora con molte proposte sulla carta. Il Titolo V, a partire dal ruolo e dall’assetto delle Regioni, non trova ancora forma. L’estate 2011 fu comunque quella dei tagli agli Enti locali che poi il Governo Monti, dopo Berlusconi, moltiplicò. Non si torna mai indietro. Eppure la necessità di lavorare a nuove forme di collaborazione tra Enti locali, all’interno di aggregazioni per lo sviluppo dei territori e per la riorganizzazione dei servizi, è più viva che mai. Si poteva fare allora se si fossero tolte di mezzo questioni ideologiche che poi in Piemonte, come in altre Regioni, hanno portato all’eliminazione delle Comunità montane giusto nell’inverno 2011. Pasticci legislativi e organizzativi, compreso quello poi delle Province, che oggi richiedono un lavoro diverso, organico, serio, Politico, su tutto il sistema degli Enti territoriali. Non basta riformare la PA o fare i linkedin della pubblica amministrazione per assumere, se non si ricompongono fratture e cooperazione tra piccoli e grandi Comuni come la 158 evidenzia necessari. Legge 158 peraltro in troppe parti inattuata. Non solo quelle delle risorse. Mario Draghi non dimentichi che le Autonomie non sono tali proprio a dieci anni da quei fatti e da quelle leggi che in maniera subdola cancellavano quello che non si voleva dire che veniva tolto al Paese. Rappresentanza, impegno, Democrazia. Ricomporre un cantiere istituzionale non può essere solo esercizio per dire cosa sono i Comuni in quanto ‘scatole’ e strutture. Ha in sé, questo lavoro politico, elementi che riguardano il modo di vivere città e paesi, borghi e territori. Temi caldi legati all’erogazione dei servizi che le crisi economica, pandemica, climatica hanno rilanciato negli ultimi dieci anni e che richiedono Istituzioni centrali attente e lungimiranti, capaci di fare scelte, insieme alle Istituzioni territoriali, agli Enti locali che hanno bisogno di nuova spinta e di un nuovo ‘patto’ nel perimetro della Costituzione”.