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LETTERA APERTA

Oggetto: Bando borghi del PNRR e futuro del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza per i territori

Tra poche ore scadranno i termini dell’Avviso del Ministero della Cultura per i Comuni che vogliono presentare progetti volti alla riqualificazione dei loro borghi. Il bando è rimasto aperto un paio di mesi e ha sollevato un’attenzione mediatica senza precedenti. Mai un bando era stato al centro di un tale dibattito. In termini giornalistici, si direbbe che questa attenzione è la notizia e non invece che venga speso oltre 1 miliardo di euro. La notizia è la corsa al bando, il fatto che la “linea a” e la “linea b” siano state prese di mira da migliaia di Comuni italiani per accedere ai finanziamenti; che i borghi siano nuova sorgente del futuro, che migliaia di case possano essere riqualificate sono notizie nella notizia. La notizia è che il bando è una lotteria. Una lotteria, abbiamo detto e scritto come Uncem. E non abbiamo condiviso l’impostazione complessiva data dal Ministero. Una “linea a” con 21 fortunati borghi che porteranno a casa 20 milioni di euro. Scelti dalle Regioni e ora ancora da valutare in via definitiva da parte della Commissione ministeriale. Ci sono città che ritagliano pezzi di città da candidare, paesi molto piccoli, Comuni già preoccupati su come spenderanno quei soldi stante tutto il caos delle minime macchine organizzative dei Comuni. Ci sono molti progetti belli, interessanti, virtuosi che saranno importanti per il futuro (se nella rimodulazione, annunciata, pervista e ormai certa, del PNRR, si troveranno altre risorse per ‘sti borghi, altri avranno speranza). Eppure è successo di tutto su questa assurda e poco visionaria misura che premia uno e scontenta tutti gli altri. “Un ingrato e mille scontenti”, si diceva per le nomine della prima Repubblica. Venti contro duemila, in questo caso. Non doveva essere così in un Paese che deve oggi come mai, generare coesione a partire dall’unità delle Istituzioni. Facendo lavorare insieme i Comuni. Solo insieme, in un terriotorio omogeneo i Comuni sono vincenti e forti. Non da soli e uno contro l’altro! Così si distrugge la rete dei Comuni, si ignorano le faticose reti esistenti, si inabissa il lavoro dei Sindaci che vincono i campanilismi e i dannosi municipalismi per essere forti insieme. Non andava bypassato tutto questo! Tantopiù da un Ministero.
Scelte del tutto inadeguate anche per la “linea b” del bando. 229 saranno i prescelti da una Commissione – confermo che Uncem non ci sarà e non vuole in alcun modo esserci in questa Commissione, a fare una valutazione complicatissima – che dovrà esaminare forse mille o duemila candidature. Aspettiamo ancora la “linea c” del Piano, a valere sul PNRR, quella per le imprese. Non è chiaro se ne beneficeranno solo i titolari del biglietto fortunato sulla linea b. Sarebbe ancor più inopportuno, nella già inopportunità di un percorso che ha spinto centinaia di Comuni a “correre verso l’avviso” con il supporto di assistenze tecniche pagate bene, in alcuni case approdate sui Comuni italiani da tutt’Europa… promettendo molto, anche di punteggi, e generando non poco caos. Lo abbiamo denunciato e lo faremo ancora. La rigenerazione dei Comuni, dei territori, delle comunità, ha bisogno di “supporti” veri, ma non di prese in giro.

Non può funzionare tutto questo perché la matrice narrativa, politica, istituzionale, non è corretta. Lo diciamo amareggiati, preoccupati, con la testa bassa. Un miliardo non si spende così. Avevamo la legge sui piccoli Comuni, 158/2017 che poteva orientare la spesa! Perché ignorarla come è stato fatto. Non andava fatto così quel bando, quell’impianto. Tantopiù complicando notevolmente gli aspetti amministrativi e giuridici con la volontà di “scremare”. Se è vero, ad esempio, che per i partenariati pubblico-privati un Comune doveva già avere una scrittura in fase di candidatura – come se si potesse sancire prima di un finanziamento che si lavora insieme – questo è un modo buono per togliere di mezzo numerosi progetti.
La Commissione farà le sue valutazioni. Uncem non ne farà parte e dirà quello che pensa come ha fatto finora.
Faccia bene, la Commissione. Senza esporsi al rischio grande di ricorsi.

Vale, in tutto questo e nelle prossime Componenti con avviso del PNRR, quello che il 21 ottobre 2020 Uncem scrisse all’architetto Stefano Boeri. Sui media erano appena apparsi i titoli e le grandi pagine sulla bellezza dei borghi, sulla rigenerazione, sulle migrazioni dai quartieri urbani verso i borghi e i paesini. Ci eravamo permessi di ribadire che dovevamo evitare retorica e banalità. I paesi sono paesi. Non borghi. Costruire comunità non è rifare un borgo. E così, la lettera aperta di allora, è validissima oggi, alla vigilia della chiusura dell’avviso del bando borghi del MIC. Peraltro nato sulla scia di una certa retorica dei borghi fatta nel corso dei primi due lockdown, all’inizio della pandemia. Quando tutti ci dicevano “che belli i borghi, che bella la montagna”, “come siete fortunati”. “Compriamo casa in un borgo”, “ci sono le case a 1 euro, sono perfette”. Salvo poi accorgersi che “eh ma qui c’è la neve”, “manca l’asilo… e pure il pediatra!”. “Vivere qui costa caro… i chilometri da fare in auto sono molti”. “Manca la connessione e il telefono prende malissimo. Poveretto chi vive nei borghi”. Ecco. In mezzo a questo movimento del pendolo schizofrenico, ci siamo noi. Ci sono le Comunità, con i Sindaci e i Comuni dei territori montani, rurali, interni del Paese, alle prese con una retorica che vorremmo evitare di leggere in certi avvisi e nelle modalità di assegnazione dei finanziamenti. Perché di nuove Venezie non abbiamo bisogno e le campane di vetro in montagna sono difficili da portare. Non ci servono.

Orientiamo in modo diverso gli avvisi e i piani del PNRR. I territori non sono tutti uguali e la fenomenologia del bando, la lasciamo a questo passato del bando borghi. Che chiudiamo volentieri mettendo una pietra sopra alle modalità-lotteria. E chiedendo a chi decide e scrive i bandi – siano interni ai Ministeri, alle Regioni o consulenti di grandi gruppi esterni, ben pagati – più attenzione a come è fatta l’Italia. Ai Sindaci e alle comunità.

La lettera aperta del 21 ottobre 2020 ribadiva questo, un anno e mezzo fa. Eccola. Buona lettura. E buona chiusura del bando-borghi-MIC-PNRR, per chi partecipa e chi no. Con tanta amarezza e sofferenza, per come poteva essere diverso il destino di 1 miliardo di euro.

Marco Bussone
Presidente Uncem

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Preg.mo Professor Boeri,
 
ho letto con molto piacere la Sua analisi su Repubblica di oggi, che segue quella dell’architetto Fuksas pubblicata nei giorni scorsi. Mi ha particolarmente colpito il Suo virgolettato nel titolo che richiama quanto da Lei affermato nella risposta alla seconda domanda della giornalista Brunella Giovara. “Via dalle città. Nei borghi c’è il nostro futuro” in sintesi. Una frase, insieme con altre, che un po’ mi ha sorpreso, positivamente, pronunciata da un Architetto e Docente universitario che negli anni si è prettamente occupato di aree urbane, da ripensare, nella logica del risparmio del consumo di suolo, dell’efficienza energetica, di una rifunzionalizzazione degli spazi, di economie circolari che sappiano dare risposte alla crisi climatica. Come ha fatto sgranare gli occhi a me – Presidente di un’Associazione nazionale che riunisce 3.850 Comuni montani per oltre la metà della superficie dell’Italia, 10 milioni di abitanti – sono molti gli Amici con i quali oggi ci siamo scambiati idee, proposte, suggestioni dopo aver letto l’intervista. Degli stessi temi – territori, montagna, borghi, forme di abitare… – abbiamo parlato anche ieri e la scorsa settimana. Pensato e operato. Sono temi per noi fondamentali sin dal 1952, anno di fondazione di Uncem. Non noi certo, ma chi ci ha preceduto alla guida dei Comuni montani e della stessa loro Associazione. Un confronto costante, giorno e notte quasi, per definire percorsi politici, istituzionali, economici, sociali, capaci di essere antidoto all’abbandono, con i Sindaci che hanno sempre provato a dar risposte, lottato consumandosi nel non essere inermi contro lo spopolamento, l’abbandono, l’allontanamento dei servizi e con i diritti di cittadinanza sempre più rarefatti. Ogni giorno il confronto è costante. Con architetti, sociologi, antropologi, imprenditori, politici. Persone che abitano i territori, che li vivono, che li conoscono a fondo e che li hanno a cuore. Proprio ome Lei, immagino, Architetto, viste le Sue considerazioni di oggi che apprezzo molto. 
 
Da almeno dieci anni Uncem lavora su piani diversi, che pongano al centro i Comuni, i territori, servizi e sviluppo, nuovi modi di vivere e abitare. E tanto abbiamo lavorato, stiamo lavorando sui borghi alpini e appenninici. Non sempre lo abbiamo fatto bene, sicuramente, e abbiamo anche fatto errori, è chiaro. Dopo decenni di “confinamento” di questi temi ritenuti marginali e poco centrali nel dibattito pubblico, oggi assistiamo a un risveglio di (in) tanti settori. La Strategia nazionale Aree interne che sta investendo 600 milioni di euro su 72 zone pilota italiane, il ritorno del “Fondo nazionale per la Montagna”, le datoriali e le loro nuove “componenti montagna”, Montecitorio che vara quattro articolate mozioni su montagna e borghi, gli Stati generali della Montagna lanciati dal Ministero degli Affari regionali, il Piano banda ultralarga per colmare i divari digitali. E poi i media che accendono i riflettori sui borghi, speciali tv e sui giornali, tanti “Manifesti” che mettono al centro un nuovo “territorialismo” che va oltre i particolarismi e proietta i territori italiani, i mille campanili uniti alle 100 città, in Europa, senza isolarli, senza alcuni municipalismo dannoso o esasperato. Idee, proposte, istanze, per la Politica, per tutti i livelli istituzionali, per l’economia e anche per i suoi “mondi”, per l’Accademia, i centri formativi. Anche le Sue considerazioni sono importati e segnano, in questo cammino, un cambio di passo. Uniamo tutto questo a segnali politici non certo banali, come l’approvazione di una legge nazionale nel 2015 sulla green economy che pone i territori montani luogo nel quale costruire “green communities” e un nuovo approccio ai Beni comuni, poi la legge nazionale sul Terzo settore che esalta le reti e i tessuti connettivi del Paese, proprio nei territori considerati erroneamente margine, la legge 158 del 2017 sui piccoli Comuni che guarda a loro come cuore pulsante del Paese. Segnali, basi sulle quali costruire altri buoni percorsi.
 
E vengo al motivo centrale per il quale Le scrivo. Cioè fare un Patto. Lei ha una esperienza enorme, visione e lungimiranza, competenze, un curriculum prezioso, è conosciuto nel mondo intero. Non la vogliamo certo “sfruttare”, s’immagini. Anzi. Tutti dicono che Lei appartenga a quelle “Archistar” che tanto possono fare per l’Architettura e per “il progetto”, per i giovani da formare e che lei forma, per una nuova pianificazione e programmazione territoriale nelle quali con Uncem credo profondamente. Il Patto è provare a costruire insieme percorsi. Su un nuovo modo di vivere e abitare, dicevo. Nei borghi da Lei richiamati non servono griffe, o tanti milioni di euro. Servono in primo luogo modelli e progetti, visione. Ascolto degli Enti locali, dei Sindaci, protagonismo delle comunità abitanti. Servono rilancio delle politiche per agricoltura e ripensamento dei modelli turistici. I borghi non sono luna park e non sono tutti disabitati. Tanti, moltissimi sono i ruderi. Il patto può far sì che Lei e altri docenti si coalizzino, guardino ad esempio all’Istituto di Architettura Montana del Politecnico di Torino e quanto fatto dalle reti di architetti o urbanisti, paesaggisti, accademici, che da sempre lavorano nelle aree montane, alpine e appenniniche, non solo italiane. Penso al Voralberg, ai Grigioni. O anche al Premio Constructive Alps che in questi anni ha premiato diversi progetti italiani, realizzati in Comuni-laboratorio, ma “replicabili”. Si va oltre la “bellezza”. Guardi a loro, Architetto. Ai tanti giovani che provano a lavorare con i Sindaci e con le Amministrazioni, fanno innovazione, anche nei borghi. Possiamo usare meglio e più fondi europei per la politica di coesione che dovremo avere proprio per rivitalizzare i nostri borghi alpini e appenninici. Per un Programma operativo nazionale dedicato alla Montagna e alle aree interne. Questa emergenza sanitaria lo impone. Aggiungo: il Suo “bosco verticale” non può non condurci in un patto per ridare valore e gestione attiva a 11 milioni di ettari di foreste che crescono troppo in Italia, invadendo il borgo, mettendo a rischio e in pericolo la vita dei montanari e la loro economia agricola, multifunzionale. Anche per costruire, smettiamo di importare da altrove il materiale che ci serve. Facciamo qui. Vaia, insegna.
Lavoriamo insieme, Professor Boeri, per rafforzare le reti dei servizi. 200 Comuni in Italia, tra quelli che lei enumera su Repubblica di oggi, non hanno più un negozio o un bar. È gravissimo. Altri 500 sono a rischio. Il digital divide distrugge i borghi più del tempo. Insieme a Lei, possiamo spingere sulle Istituzioni per l’accelerazione del Piano banda ultralarga e per nuovi ripetitori che consentano a 1200 Comuni italiani di non registrare più difficoltà a telefonare, mandare messaggi o vedere la tv. Lavoriamo insieme anche per un’azione che porti servizi scolastici, sociali e trasporti di qualità, affinché i territori, i borghi, le zone montane del Paese, non subiscano continui tagli quando i bilanci degli Enti regionali e dello Stato vengono sforbiciati.
 
Lavoriamo insieme sulla fiscalità differenziata e peculiare per queste aree montane, per chi vive oggi e per chi vuole vivere e fare impresa nei borghi. Un modello fiscale univoco, esistente oggi, non è egualitario, bensì sperequativo. Non va incontro a chi nelle aree montane conduce un negozio di prossimità, unico del paese e si trova a dover pagare le stesse imposte del caffè in piazza San Babila o della catena commerciale in piazza Vittorio Veneto. Dobbiamo agire in fretta su questo. L’emergenza sanitaria impone nuovi modelli economici che non chiedono “alle città e alle aree montane di adottare un borgo”, bensì di trovare soluzioni sussidiarie che evitino che i paesi siano solo più luogo dove rimane chi non sa dove andare o dove si faccia un po’ di turismo del week end, qualche gita, che lascia niente, manco la spesa per un panino.
Negli ultimi vent’anni, questa traiettoria fondata sull’assistenzialismo e sulla lamentazione un po’ si è invertita: tanti borghi, moltissimi paesi sono luoghi di sperimentazione, benessere, innovazione, non solo artistica, culturale, professionale. Nuovi modi di abitare. Nuovi modi di essere Comunità. Perché qui dimostriamo – o ci sforziamo di attuare, meglio – quanto ripete il Santo Padre: “Non ci si salva da soli”, “Senza una visione di insieme, non ci sarà futuro per nessuno”. Dunque non un’adozione ma un nuovo legame tra aree urbane e montane. Dove le prime riconoscono e valorizzano (anche monetariamente) quei servizi ecosistemici-ambientali che la montagna svolge, con le foreste che assorbono Co2 e con il governo dei versanti per la protezione del dissesto assicurando le fonti idriche, ad esempio.
 
Insieme facciamo tutto questo, Architetto Boeri. Il “day after” si costruisce con le reti. Serie, impegnate, forti e cariche di opportunità. Sempre in dialogo. È il Patto che le propongo, che Uncem chiede a Lei di fare, ad altri Architetti, ai media nel raccontarlo, alle sfere economiche. Per non guardare per caso, nello spazio e nel tempo di un tweet, alle aree montane, ai borghi, alle comunità. 
 
Uncem continua a lavorarci, su tutto questo. Ogni istante, con migliaia di Sindaci e Amministratori chiamati a dare risposte alle Comunità. Siamo Istituzioni in uno Stato che c’è e che non ha dimenticato come è fatto. È per metà Alpi e Appennini. È una maglia intrecciata di borghi e di paesi, di piazze e di campanili. Sono la nostra Essenza. Prendiamocene cura insieme. La Montagna è di tutti, il futuro è un percorso comune. Tutto questo per RiAbitare l’Italia – ci insegna il Suo Collega Antonio De Rossi, con tanti altri Amici – e vincere le sfide del presente. Quelle imposte dal covid-19 e ancor di più quelle della crisi climatica che ci vede “protagonisti”, nell’anticipare le risposte, nelle zone montane, creando opportunità sostenibili e volte a unire, anche Lei e chi lo vorrà in questo prezioso percorso (non solo della Montagna) di Paese.
 
 
Con stima,
 
 
 
Marco Bussone
Presidente nazionale Uncem
Unione nazionale Comuni, Comunità ed Enti montani